Ragazza bruciata, Meloni: «Nessuno si è fermato perché a Roma c’è paura»

1 Giu 2016 15:20 - di Bianca Conte

Quattro candidati a sindaco di Roma su cinque – ad eccezione di Alfio Marchini, dunque – impegnati nel confronto tv su Sky e nelle ultime battute di campagna elettorale, non sanno dire se si sarebbero fermati vedendo Sara Di Pietrantonio di notte, su quella strada della Magliana, prima che l’ex fidanzato la bruciasse viva; ma di una cosa a riguardo, una di loro, Giorgia Meloni, è certa: «Credo che la gente non sia intervenuta quando Sara chiedeva aiuto perché è spaventata; non voglio credere che le persone siano così disumane». Una convinzione che la leader di FdI poche ore dopo l’intervento su Sky affida ai microfoni di Mattino Cinque, aggiungendo che «la paura è legata alla questione sicurezza nella nostra città, ma l’umanità dovrebbe venire prima della paura».

Giorgia Meloni, Roma tra umanità e paura

E la paura è tanta e, ahinoi, in progressivo aumento, e giustificata da una escalation della criminalità metropolitana che non risparmia più nessuno, e che infierisce a macchia di leopardo, dal centro alle periferie. Una recruduescenza di violenza che, unita al degrado che imperversa implacabilmente ormai ovunque a Roma, genera orrore, terrore, sgomento e indifferenza. Una lotta contro l’abbandono della città nelle grinfie di chi la offende e la ferisce a morte in ogni modo, quella che il prossimo sindaco dovrà combattere a colpi di efficientismo, su cui i candidati al Campidoglio sono stati chiamati ad esprimersi, ancora una volta, martedì sera nel salotto televisivo.

Questione “sicurezza”, una sfida possibile

E allora, se per Giorgia Meloni in senso assoluto il richiamo a un senso civico comune non può ammettere che la «paura superi l’umanità e che ci si giri dall’altra parte», relativamente alle problematiche legate alla sicurezza di Roma e dei suoi quartieri (tutti) la candidata sindaco sottolinea come la risposta alle endemiche carenze in materia di sicurezza della capitale non potrà prescindere da una ricetta amministrativa che – dal ricorso alle telecamere a un più efficace sistema di illuminazione, passando per un più generoso utilizzo di militari e forze dell’ordine sul campo – sappia curare chirurgicamente la ferita che fa sanguinare Roma, e non semplicemente bendarla con un rimedio provvisorio da troppo.

 

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