Occhio ai portafogli: per la Cassazione «rubare per fame non è reato»

2 Mag 2016 17:44 - di Martino Della Costa

Rubare per fame «non costituisce reato». Con questa motivazione la Cassazione ha annullato completamente la condanna per furto inflitta il 12 febbraio del 2015 dalla Corte di Appello di Genova a un giovane straniero senza fissa dimora, affermando che non è punibile chi, spinto dal bisogno, ruba al supermercato piccole quantità di cibo per «far fronte» alla «imprescindibile esigenza di alimentarsi». Con questo verdetto la Suprema Corte ha giudicato legittimo non punire un furto per fame del valore di 4 euro per wurstel e formaggio.

Il ladro, uno straniero, era stato condannato in Appello a Genova

A fare ricorso in Cassazione non è stato il giovane senza fissa dimora, Roman Ostriakov, bensì il Procuratore generale della Corte di Appello di Genova che chiedeva che l’imputato fosse condannato non per furto lieve, come stabilito in primo e secondo grado, ma per tentato furto dal momento che Roman era stato bloccato prima di uscire dal supermercato, dopo essere stato notato da un cliente che aveva avvertito il personale vigilante. Alla cassa, il clochard aveva pagato solo una confezione di grissini, non i wurstel e le due porzioni di formaggio che si era messo in tasca.

Per la Cassazione rubare per necessità non è rubare

La sentenza – la numero 18248 della Quinta sezione penale presieduta da Maurizio Fumo, consigliere relatore Francesca Morelli – non riporta l’entità della pena inflitta a Roman, che aveva già dei precedenti di furti di generi alimentari di poco prezzo perchè spinto dalla fame. Ad avviso dei supremi giudici quello commesso da Roman è un furto consumato e non tentato, ma – a loro avviso – «la condizione dell’imputato e le circostanze in cui è avvenuto l’impossessamento della merce dimostrano che egli si impossessò di quel poco cibo per far fronte ad una immediata e imprescindibile esigenza di alimentarsi, agendo quindi in stato di necessità». Così è stata annullata senza rinvio la sentenza di condanna inflitta in appello «perchè il fatto non costituisce reato». Anche la Procura della Cassazione aveva chiesto l’annullamento senza rinvio della decisione dei magistrati genovesi.

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