Renzi pensa che siamo tutti Fantozzi: smascherato il bluff del Paradiso-Italia

14 Apr 2016 13:53 - di Guglielmo Federici

Siamo ancora nei guai. L’Istat conferma che la situazione economica da febbraio ad oggi non è mutata. Siamo ancora in deflazione, ossia assistiamo a un calo dei prezzi al consumo in ogni settore, ma è proprio il contrario di una buona notizia. I prezzi calano perché calano i consumi. Se calano i consumi non ci sono investimenti. In una parola, c’è stagnazione, il dato peggiore per chi sta cercado di uscire dalla recessione. Gli spot di Renzi e di Padoan sparano a salve. Pensa che gli italiani siano tutti Fantozzi e che pendano dalle sue labbra quando parla dell’Italia come di un Paradiso. Magari non tutti sanno che la prima conseguenza che la deflazione comporta è che  il nostro debito pubblico – peraltro ancora aumentato, come ci ha detto Bankitalia- ora vale pure di più. Basterebbe questa spirale perversa che si è innescatae e che si sta cronacizzando a bocciare la politica economica di Renzi, fallimentare su tutta la linea, dal mancato decollo dell’occupazione al fallimento del Job’s Act.

La deflazione peggiora il nostro debito pubblico

La deflazione, ossia il calo dei prezzi, a marzo raggiunge infatti il -0,2% su base annua. Un dato preoccuoante perché segue il -0,3% di febbraio. Il 2016 si è aperto nel peggiore dei modi. Il calo dei prezzi al consumo  tocca anche il cosiddetto carrello della spesa. I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona diminuiscono dello 0,1% rispetto a febbraio e dello 0,3% su base annua (da -0,4% del mese precedente), rileva l’Istat. Fare la spesa e constatare un piccolo riparmio è solo un’ illusione ottica di benessere per il consumatore, perché questa spesa costerà molto, molto più cara in seguito. Lo sanno bene gli economisti che temono il combinato disposto deflazione – debito pubblico. Se hai un debito da 100 euro da ripagare immediatamente ti servono 100 euro. Ma se ci si trova in una situazione di inflazione o deflazione, le cose sono diverse. Nel primo caso, cioè il prezzo di quel che si vuole acquistare sale, i 100 euro nel portafoglio comprano di meno. Visti sul lato del debito, significa che il valore reale dei 100 euro di debito decresce in una situazione di inflazione. E quindi che è più facile ripagare il debito stesso. Ma tutto si ribalta quando c’è deflazione. Infatti, il valore reale di quel debito sale nel tempo. Significa che i debitori devono tagliare altrove per ripagare i debiti, non investono se non addirittura vanno in bancarotta. E questo comporta, in seconda battuta, che chi dovesse pensare di indebitarsi – magari per comprar casa o un nuovo macchinario – sarà meno incline al farlo. Nel caso dell’Italia, la situazione potrebbe precludere a manovre aggiuntive da parte dell’esecutivo, che come sappiamo si risolvono in tagli e tasse ai soliti noti.

La deflazione, mannaia per stipendi e occupazione. Renzi lo sa?

Ancora, la deflazione si abbatterà anche su disoccupazione e stipendi. Se i prezzi di vendita dei beni o servizi  di un’azienda sono in continua contrazione, significa che l’azienda dovrà tagliare la forza lavoro. La risposta ovvia dovrebbe essere tagliare i salari, ma nella prassi si traduce in riduzione degli organici o mancate assunzioni. E qui si genera la spirale perversa: meno assunzioni si traducono in minore spinta dei consumi – e minore forza contrattuale per avere aumenti salariali – con l’effetto di alimentare la spirale di deflazione. A questo si aggiunge l’effetto psicologico: anche i consumatori che potrebbero continuare ad effettuare acquisti (magari perché legati a contratti che prevedono scatti salariali indipendentemente dall’andamento dei prezzi), preferiscono attendere il momento delle ‘compere’. Ecco, signori, il ritratto desolante dell’Italia di Renzi. Basterebbero anche solo questi dati per mandarlo a casa.

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