Mose: due anni e sei mesi a Milanese, ex braccio destro di Tremonti
Marco Milanese, ex consigliere politico di Giulio Tremonti ed ex deputato del Pdl, è stato condannato a due anni e mezzo di carcere dal tribunale di Milano in un filone del processo del caso Mose. I giudici hanno contestato il reato di traffico di influenze illecite derubricando l’iniziale accusa di concorso in corruzione. Il pm Roberto Pellicano aveva chiesto ai giudici di condannarlo a tre anni e mezzo di carcere. L’ex deputato presente in aula non ha voluto commentare la sentenza.
La difesa di Milanese: “Accusa assurda il traffico di influenze”
Secondo l’accusa, l’ex parlamentare avrebbe ricevuto negli uffici di Milano di Palladio Finanziaria, società di Roberto Meneguzzo, presunto intermediario, 500 mila euro da Giovanni Mazzacurati, all’epoca presidente del Consorzio Venezia Nuova, in cambio del suo intervento per introdurre, quando Tremonti era ministro dell’Economia, «una norma ad hoc per salvare il finanziamento di 400 milioni» per il Mose e che altrimenti il Cipe avrebbe destinato ad altre opere al Sud.
Per l’avvocato Franco Coppi, difensore di Milanese assieme al legale Bruno La Rosa, l’ex deputato, però, non aveva ricevuto «alcuna delega» da Tremonti ad occuparsi della questione Mose. Il professore, nel corso della sua arringa difensiva, aveva analizzato la sentenza della Cassazione del novembre 2014 che annullò la misura cautelare per corruzione nei confronti di Milanese, riqualificando l’accusa in traffico di influenze. Malgrado questa decisione, il pm, secondo Coppi, ha cercato «di riesumare la qualità di pubblico ufficiale di Milanese, che non c’era, parlando di un funzionario di fatto» e chiedendo, comunque, la condanna per corruzione. In subordine, tra l’altro, lo stesso pm ha chiesto per Milanese 2 anni e mezzo di reclusione nel caso in cui i giudici avessero deciso di derubricare il reato. Tuttavia, per Coppi anche l’accusa di traffico di influenze non sussiste, a meno che non «si voglia far entrare un cammello per la cruna dell’ago».