Karadzic condannato a 40 anni. Per i giudici dell’Aja è il boia di Srebenica
Radovan Karadzic, già leader politico dei serbi di Bosnia, è stato condannato a 40 anni dopo essere stato riconosciuto colpevole di dieci capi d’accusa (è stato invece assolto dalla prima accusa di genocidio) per crimini contro l’umanità, crimini di guerra e il genocidio di Srebrenica. Così ha stabilito il verdetto del Tribunale penale internazionale dell‘Aja (Tpi). Kardadzic è stato quindi riconosciuto colpevole per la campagna di bombardamenti e assedio della città di Sarajevo e per il genocidio di Srebrenica.
Karadzic ha già annunciato ricorso
Contro la sentenza Karadzic ha già annunciato ricorso. Comunque sia, la sentenza mette un punto ferma in una vicenda cominciata il 27 giugno 1996 contro un Karadzic contumace contro il quale il Tribunale dell’Aja emette un secondo mandato di cattura. Un tempo lunghissimo, in cui non sono mancate sorprese e colpi af effetto, dovuti alla a spregiudicatezza dell’uomo, che prima si darà alla latitanza in risposta alle pressioni di Belgrado e dell’Occidente affinché esca di scena, per poi affermare in processo di avere ottenuto una promessa di immunità da parte degli Usa. In realtà, a catturarlo furono proprio forze della Nato. Prima, però, era più volte riuscito a sfuggire all’arresto. Il caso più clamoroso risale all’estate del 1997 quando sa farlo fuggire fu un ufficiale francese, il maggiore Hervé Gourmelon. Ci vollero ben 12 anni per porre fine alla sua latitanza: il 21 luglio 2008 fu infatti catturato a Belgrado dove viveva da diversi anni muovendosi liberamente e impartendo lezioni di medicina alternativa presentandosi come Dragan David Dabic, professione psichiatra. Quella falsa identità e l’aspetto di santone lo rendeva difficilmente riconoscibile, nascosto sotto una folta barba e capelli bianchi e lunghi: un cambiamento d’immagine semplice ed efficace, studiata a tavolino con l’aiuto dei servizi serbi.
È stato il leader dei serbi di Bosnia
Karadzic è nato nel paesino di Petnjica sul monte Durmitor, nel Montenegro, il 19 giugno 1945. A 15 anni si trasferì con la famiglia a Sarajevo, dove più tardi si laureò in medicina specializzandosi poi in psichiatria. Psichiatra è anche la moglie, Ljiljana Zelen, dalla quale ha avuto due figli Sasa e Sonja. Karadzic, poeta da strapazzo con il vizio del gioco d’azzardo e una indagine per truffa alle spalle, irrompe nella politica bosniaca agli inizi degli anni ’90, alla vigilia delle prime elezioni pluripartitiche. Il presidente jugoslavo Slobodan Milosevic lo nomina leader del neo costituito Partito democratico serbo (Sds) convertendolo da montenegrino a paladino del progetto della “Grande Serbia”. Il 12 maggio 1992 e’ eletto presidente dell’autoproclamata repubblica serba di Bosnia e nei due anni successivi diventa uno dei volti simbolo dei più cruenti capitoli della guerra. Il resto è la storia scritta dalla sentenza del Tpi: dall’eccidio di oltre 8.000 musulmani di Srebrenica nel ’95, ai cannoneggiamenti di Sarajevo, a campi di concentramento nella zona di Prijedor, e tanti altri casi di massacri, stupri, torture, saccheggi e pulizia etnica in tutta la Bosnia.