Pietro Maso indagato per estorsione. Se non è un Demonio, gli è parente

21 Gen 2016 12:25 - di Tano Canino

Ancora Pietro Maso. Ancora lui. Che se non è un  Demonio, gli dev’essere parente. Perchè deve avere una fervidissima mente criminale quest’essere. Criminale e malvagia. Tanto criminale e tanto malvagia da ideare e spedire una lettera al Papa. E rendere immediatamente nota – dalle colonne del settimanale “Chi” –  la telefonata ricevuta da Sua Santità, che ha voluto credere – come è suo magistero –  ai segni di redenzione vergati da Pietro Maso. Così si rimane senza parole alla notizia, a neppure 48 ore dal paraponzipò mediatico tutto miele e bontà, che la Procura di Verona ha iscritto Pietro Maso nel registro degli indagati con l’accusa di tentata estorsione nei confronti delle sorelle. La questione è semplice: un criminale si può redimere solo se lo vuole davvero. Altrimenti può giocare al redento, al pentito per i suoi loschi, marci interessi. Perchè la storia è sempre la stessa. E a voler credere per forza alle conversioni dei criminali spesso ci si scotta. Lui, Pietro Maso evidentemente non fa differenza. Nel 1991 con la complicità di tre amici massacrò a Montecchia di Crosara il padre e la madre. Invece di rimediare l’ergastolo, vista la inaudita ferocia del delitto, la giustizia italiana gli affibiò solo 30 anni di galera. Cosicchè, nel 2013,  a 44 anni, è uscito dal carcere. Ma siccome una mente criminale non cambia dall’oggi al domani, neppure se parla al telefono col Papa, ecco che Pietro Maso, pare ci sia ricascato col tentativo di estorsione alle sorelle. Aggiungendo, nei fatti, bugia a bugia. Perchè Maso al Papa aveva scritto che non per soldi aveva sprangato a morte i genitori. Perchè i soldi dei suoi genitori lui li avrebbe avuti lo stesso. E invece la procura scaligera scopre che, uscito di galera, Pietro Maso avrebbe tentato di estorcere a più riprese denaro alle sorelle. Se non è un Demonio, gli dev’essere  parente. Stretto.

 

 

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