Canale Mussolini, Pennacchi fa il bis e racconta le macerie del dopoguerra

1 Gen 2016 11:15 - di Riccardo Arbusti

Il libro è arrivato nelle librerie nei primi giorni di dicembre ma è andato presto esaurito, nell’arco di soli dieci giorni. Tanto che chi pensava di acquistarlo per i regali di Natale è andato deluso apprendendo dai librai che la seconda edizione arriverà solo dopo le feste. Un vero e proprio successo, anche se silenzioso, infatti non se ne è letto quasi nulla sui giornali e sui media. Parliamo di Canale Mussolini-Parte seconda (Mondadori, pp. 425, euro22,00), tassello centrale della trilogia di Antonio Pennacchi a cinque anni dal primo capitolo che gli è valso il Premio Strega e una notorietà straordinaria.

Da Pennacchi un coinvolgente romanzo corale

Anche questa seconda parte è un imponente e coinvolgente romanzo corale e polifonico, drammatico e picaresco ad un tempo, che alterna i toni dell’epica popolare a quelli dell’elegia. Una storia che si apre il 25 maggio 1944 (ultimo giorno di guerra in quella che fu Littoria e che sta diventando Latina) e che racconta dettagliatamente la fine del conflitto, per poi espandersi sulla ricostruzione del Paese fino ai primi anni Sessanta. Sullo sfondo si muovono i fantasmi della Storia e della Seconda guerra mondiale come il passaggio che racconta la prima (e ultima) notte trascorsa insieme da Benito Mussolini e Claretta Petacci, appena prima di essere uccisi, il 28 aprile del 1945.

canale mussolini

La grande saga dei Peruzzi

Ma Pennacchi racconta soprattutto la grande saga dei Peruzzi, emigrati dal Polesine in Agro Pontino con la bonifica fascista degli anni Trenta, dagli anni finali della guerra, dopo lo sbarco degli americani e la ritirata tedesca, fino ai primi anni Sessanta con l’esplosione del benessere. Su tutto, l’ascesa di Diomede – un simpatico personaggio che esce con una carriola di banconote dalla sede della Banca d’Italia bombardata dagli americani nella memorabile scena d’apertura del romanzo – che viene seguita dall’autore con lo spirito che i suoi lettori hanno imparato ad amare. Anche stavolta c’è un nuovo grande esodo, che ricorda quello epico colonizzatore di dodici anni prima, gli sfollati lasciano i rifugi sui monti e tornano a popolare la città e le campagne circostanti. I poderi sono distrutti, ogni edificio porta i segni dei bombardamenti anglo-americani. Nel resto d’Italia però la guerra continua e si sposta man mano verso il Nord, mentre gli alleati costringono alla ritirata i tedeschi.

Una filosofia di vita e l’elogio della vera famiglia

E la famiglia Peruzzi, protagonista della saga narrata, è schierata su tutti i fronti di questo conflitto. Paride al nord nella Rsi, mentre sogna di tornare dall’Armida e da suo figlio. Suo fratello Statilio combatte i tedeschi in Corsica con il Regio esercito, poi a Cassino e su su fino alla linea Gotica. Il cugino Demostene è partigiano della brigata Stella Rossa. Accanto a loro ritroviamo lo zio Adelchi, che vigila sulle ceneri di una Littoria piena di spettri e di sciacalli, in attesa che nasca Latina; il mite Benassi e zia Santapace, collerica, giovane e di una bellezza struggente; l’Armida con le sue api, e la nonna Peruzzi, che attribuisce compiti e destini alle nuove generazioni via via che vengono al mondo. E su tutti c’è appunto Diomede – detto Batocio o Big Boss per una sua particolarità fisica – il vero demiurgo della nuova città. Con il suo funambolico impasto linguistico veneto-ferrarese, col suo sguardo irriverente e provocatorio sempre addolcito però da un’umanissima pietas. “Ognuno ga le so razon”, ama ripetere. E in questa massima c’è lo spirito del libro e di una visione delle cose che sull’ideologia o sui teoremi storiografici fa prevalere la realtà, quella che i nonni o i padri ci raccontavano nelle serate davanti al fuoco. Dove le persone reali potevano prima fare amicizia con un soldato tedesco e, qualche tempo dopo, passare a collaborare con gli americani, ma sempre guardando ai rapporti umani, alle cose più semplici e autentiche della vita. Se c’è infatti una lezione da ricavare da tutti e due i romanzi del ciclo di Canale Mussolini è quella sull’importanza della famiglia nelle vicende degli individui, ma non vista – come si tende a pensare oggi nella società chiusa e impaurita della postmodernità – come un piccolo nucleo di persone che si contano su una mano ma – così come è sempre stato – come una grande rete di nuclei imparentati, un grande clan, un universo di familiarità fatto di nonni, zii, prozii, cugini, fratelli, figli, nipoti, all’interno del quale – vale per i Peruzzi-Benassi dell’Agro Pontino – ogni individuo impara a vivere e a trovare il suo posto nel mondo.

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