Arabia Saudita, giustiziato imam sciita. Teheran furiosa: «La pagherete cara»

2 Gen 2016 12:30 - di Martino Della Costa

L‘Arabia Saudita prima annuncia, e subito dopo esegue, l‘esecuzione della condanna a morte di 47 terroristi (o presunti tali) giustiziati con l’accusa di aver progettato e compiuto attacchi terroristici contro civili. A dare conto della pena capitale di massa il ministero dell’interno saudita, prima, al Arabiya, poi. Tra i “terroristi” giustizia finiscono anche oppositori politici, come l’imam sciita Nimr al-Nimr (L’Arabia Saudita è sunnita e wahabita).

Arabia Saudita, esecuzione di massa. La reazione dell’Iran

Secondo quanto si è fin qui appreso da fonti interne al ministero saudita, la maggior parte delle persone messe a morte erano coinvolte in attacchi attribuiti ad al Qaida ed avvenuti tra il 2003 e il 2006; tutti soggetti provenienti da 12 regioni del paese. L’imam  Nimr al-Nimr, condannato l’anno scorso per sedizione. Arrestato nel luglio del 2012, era uno dei leader principali delle proteste sciite nella parte orientale del paese. Una prova muscolare esercitata dalle autorità saudite contro detenuti accusati di essere spietati attivisti del terrore che scopre il fianco a reazioni già annunciate su più fronti, a partire dall’Iran che, secondo quanto riportato da media internazionali, avrebbe annunciato per mezzo del ministro degli esteri Hossein Jaber Ansari, citato dall’agenzia Irna, una risposta di fuoco. «L’Arabia Saudita? – avrebbe riferito il ministro – pagherà a caro prezzo l’esecuzione del leader sciita Nimr al-Nimr», sottolineando polemicamente come «il governo saudita da una parte sostiene i movimenti terroristi e estremisti, e al contempo utilizza il linguaggio della repressione e la pena di morte contro i suoi oppositori interni (…) Pagherà un prezzo alto per questa politica»…

Chi era il leader sciita giustiziato

Proteste non solo Iran, comunque: l’esecuzione di Nimr al-Nimr potrebbe innescare nuovi disordini, soprattutto nella minoranza sciita del regno, in gran parte concentrata nell’est del paese, e in Bahrein, dove dal 2011 gli sciiti chiedono maggiori diritti. Al-Nimr, 55 anni, è stato uno strenuo oppositore della monarchia sunnita del Bahrein che represse duramente le proteste del 2011. Riad mandò le sue truppe per aiutare a schiacciare la rivolta, temendo un contagio all’interno dei suoi confini. Non solo: in tutto questo Amnesty International già all’epoca dell’arresto del leader sciita aveva definito la condanna a morte del religioso come parte di una campagna condotta dalle autorità saudite per «reprimere ogni dissenso». Una politica di repressione e punizione che solo l’anno scorso, secondo varie organizzazioni umanitarie, avrebbe eseguito la condanna a morte di almeno 157 detenuti. Eppure, prima del suo arresto nel 2012 al-Nimr aveva detto che la gente non vuole governanti che uccidono o compiono ingiustizie contro chi protesta. Il religioso non ha negato le accuse politiche contro di lui, ma ha sempre affermato di non aver mai portato armi o incitato a compiere atti violenti.

Le argomentazioni di Riad

Di contro, il portavoce del ministero della Giustizia saudita, Mansur al Quafari, ha replicato alle accuse sostenendo che per i processi che hanno portato alle condanne dei 47 giustiziati di queste ore «non si è trattato di procedimenti speciali, ma di normali processi in cui sono stati garantiti i diritti della difesa». Mentre il portavoce del ministero dell’Interno, Mansur al Turki, specificava contestualmente che alcuni dei condannati sono stati decapitati e altri fucilati, secondo le disposizioni dei diversi giudici che hanno emesso le sentenze. Sentenze che hanno condannato alla pena capitale, tra le 47 persone giustiziate, anche Fares al Shuwail, considerato il leader di Al Qaida nel Regno, in carcere dal 2004. È quanto risulta dalla lista resa nota dal ministero dell’Interno, il quale sottolinea anche nel dettaglio che la maggior parte dei condannati aveva operato nella fila di al Qaida compiendo attentati tra il 2003 e il 2006 in cui erano rimasti uccisi numerosi sauditi e stranieri, e che quarantacinque tra i giustiziati erano sauditi, uno egiziano e uno ciadiano.

 

 

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