Dopo il Padre Nostro gli inglesi censurano anche lo spot su Betlemme

23 Dic 2015 17:48 - di Redazione

Quello spot natalizio “è troppo religioso”. È la singolare motivazione che ha fatto calare la censura in tre delle maggiori catene di sale cinematografiche britanniche su un innocuo video di auguri di Natale patrocinato da un cartello di associazioni umanitarie d’ispirazione cristiana. La vicenda, denunciata dal Daily Telegraph, fa il paio con quella dell’oscuramento recente di un altro spot, nel quale alcuni ecclesiastici e fedeli comuni recitavano il Padre Nostro.

Gran Bretagna, c’è chi censura il Natale

Protagonista, in entrambi i casi, la Digital Cinema Media (Dcm), holding che controlla la pubblicità nelle multisale del regno delle catene Odeon, Vue e Cineworld. Questa si trincera dietro la politica aziendale in base alla quale «la pubblicità politica o religiosa» è off limits in nome di una certa idea del politically correct e del proclamato timore di urtare le sensibilità differenti. Ma il caso riapre una polemica rovente. Il bando contro il Padre Nostro era stato a suo tempo infatti criticato come discriminatorio dalla Chiesa anglicana, promotrice di quella iniziativa, ma denunciato pure dal premier David Cameron e da numerosi altri esponenti politici (credenti e non) come un inaccettabile oltraggio alla tradizione cristiana britannica e a una preghiera che è da secoli patrimonio di milioni di persone. Mentre la stessa comunità islamica aveva tenuto a precisare di aver alcun bisogno di simili “tutele”.

La società cinematografica non fa passi indietro

Ma Dcm non fa passi indietro. E ora rilancia lasciando cadere il suo anatema su un video di auguri di Natale prodotto da una fondazione che riunisce associazioni caritative cristiane, nel quale si “osa” mettere in scena la grotta di Betlemme. A metà fra l’ironico e lo sconsolato il commento di uno dei promotori, Francis Goodwin: «Se a Betlemme non c’era posto negli alberghi per la Sacra Famiglia, qui ora il posto c’è. Ma gli albergatori si rifiutano di accettare le famiglie religiose».

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