Il Papa: «Un credente non può parlare di povertà e vivere da faraone»

6 Nov 2015 10:15 - di Redazione

«C’è sempre la tentazione della corruzione nella vita pubblica. Sia politica, sia religiosa». Papa Francesco in un’intervista al giornale olandese di strada Straatnieuws, rilanciata da Radio Vaticana,  lancia un monito: «Un credente non può vivere da faraone». I riferimenti del Papa agli sprechi, al lusso e agli scandali  che stanno sconquassato il Vaticano è chiaro. La povertà è sempre al centro dei pensieri di Francesco che afferma: «Se un credente parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone, questo non si può fare». Poi confida di «volere un mondo senza poveri», però «la cupidigia umana c’è sempre, la mancanza di solidarietà, l’egoismo che crea i poveri. Per questo mi sembra un po’ difficile immaginare un mondo senza poveri». Anche la Chiesa comunque deve essere povera perché «Gesù è venuto al mondo senzatetto e si è fatto povero». Un richiamo all’essenzialità.

Papa Francesco: accordi chiari coi governi

Francesco afferma che con i governi «si possono fare accordi, ma devono essere accordi chiari, accordi trasparenti. Per esempio: noi gestiamo questo palazzo, ma i conti sono tutti controllati, per evitare la corruzione. Perché – dice – c’è sempre la tentazione della corruzione nella vita pubblica. Sia politica, sia religiosa». Il Pontefice confessa di aver parlato tempo fa di questo con un ministro dell’Argentina, un «uomo onesto. Uno che ha lasciato l’incarico perché non poteva andare d’accordo con alcune cose un po’ oscure. Gli ho fatto la domanda: “Quando voi inviate aiuti, sia pasti, siano vestiti, siano soldi, ai poveri e agli indigenti: di quello che inviate, quanto arriva là, sia in denaro sia in spesa?”. Mi ha detto: “Il 35 per cento”. Significa che il 65 per cento si perde. È la corruzione: un pezzo per me, un altro pezzo per me».

Francesco e i beni della Chiesa

Sui beni della Chiesa, Francesco dice che servono per mantenere “le strutture” della Chiesa stessa, ma anche che per «tante opere che si fanno nei Paesi bisognosi: ospedali, scuole»; anche le opere artistiche come la Pietà di Michelangelo non possono essere vendute perché sono “tesori dell’umanità”. E «questo vale per tutti i tesori della Chiesa. Ma abbiamo cominciato a vendere dei regali e altre cose che mi vengono date».

I temi personali

Poi i temi un po’ più intimi: non si aspettava di essere eletto Papa, non ha «perso la pace. E questo è una grazia di Dio. Non penso tanto al fatto che sono famoso. Dico a me stesso: adesso ho un posto importante, ma tra dieci anni nessuno ti conoscerà più». Il Papa risponde poi semplicemnete di “sì” al giornale che gli chiede se continuerà questo lavoro fino a quando ne sarà in grado. E ribadisce di aver scelto di vivere a Santa Marta per stare con la gente. «Non posso vivere qua – ha detto parlando del Palazzo Apostolico – semplicemente per motivi mentali. Mi farebbe male. All’inizio sembrava una cosa strana, ma ho chiesto di restare qui, a Santa Marta. E questo mi fa bene perché mi sento libero. Mangio nella sala pranzo dove mangiano tutti. E quando sono in anticipo mangio con i dipendenti. Trovo gente, la saluto e questo fa che la gabbia d’oro non sia tanto una gabbia. Ma mi manca la strada». Il Papa infine fa «una confidenza. Quando ero piccolo non c’erano i negozi dove si vendevano le cose. Invece c’era il mercato dove si trovava il macellaio, il fruttivendolo eccetera. Io ci andavo con la mamma e la nonna per fare le spese. Ero piccolino, avevo quattro anni. E una volta mi hanno domandato: “Cosa ti piacerebbe fare da grande?” Ho detto: il macellaio!».

 

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