Il Cavaliere è all’angolo. E la piazza di Salvini è una scelta obbligata

7 Nov 2015 13:10 - di Mario Landolfi

Per Silvio Berlusconi andare a Bologna è una scelta obbligata. Fare il contrario equivarrebbe a lasciare il certo per l’incerto, vale a dire l’alleanza con Salvini e la Meloni in cambio della rincorsa affannosa di un elettorato moderato sempre più ipotecato da Renzi. È un sacrificio che nessuno può pretendere, soprattutto da un leader concreto e pragmatico come lui. Più d’uno, tuttavia, potrebbe ricordargli che quando in politica si è costretti a seguire un’unica direzione, è indizio che qualcosa in precedenza si è sbagliato. E di paurose oscillazioni il Cavaliere, negli ultimi tre anni, ne ha fatte registrare tante da far concorrenza al sismografo del Vesuvio, che pure non sta mai fermo: prima ha aperto alla grande coalizione di governo guidata da Enrico Letta, inimicandosi Raffaele Fitto, poi l’ha archiviata in segno di ritorsione contro il voto che lo ha espulso dal Senato e si è perso per strada Angelino Alfano; quindi ha stipulato con Renzi il patto del Nazareno sulle riforme, salvo poi gettarlo alle ortiche in occasione dell’elezione di Mattarella al Quirinale quando si é reso conto che l’interlocutore più importante del premier restava Bersani. E ha pagato in questo caso la defezione di Denis Verdini. Nel frattempo, tra una giravolta e l’altra, gli “azzurri” votavano entusiasticamente quelle riforme costituzionali che oggi tacciano di autoritarismo (tu quoque…) e davano il via libera a quell’Italicum di cui ora pretendono modifiche. Insomma, la corrispondenza di amorosi sensi tra Forza Italia e Pd non solo c’è stata ma è persino sfociata nello “sdoganamento” presso l’elettorato berlusconiano dello stesso Renzi, contro il quale nelle prossime ore il Cavaliere arringherà la piazza di Bologna.
E qui siamo al punto: con quali nuove parole d’ordine Berlusconi mobiliterà il popolo di centrodestra colà raccolto che non siano già state cerchiate nell’agenda del governo? L’abolizione della tassa sulla prima casa? Fatto. L’aumento del contante nelle transazioni? Fatto. La responsabilità civile per i magistrati? Fatto. La fine della concertazione con la Cgil? Fatto. La fine del bicameralismo perfetto? Fatto. Una scuola meno ostaggio del sindacato? Fatto. E si potrebbe continuare non senza prima avvertire che qui “fatto” non indica il participio passato di fare né racchiude un giudizio di merito sugli annunci o sui provvedimenti dell’esecutivo bensì esplicita la percezione positiva che essi hanno riscosso e riscuotono tra i cosiddetti moderati. Ecco, Berlusconi s’acconcia ad andare da comprimario nell’arena leghista di Bologna per centrare l’unico obiettivo possibile: consolidare quel che resta della sua armata, un tempo maggioritaria, in attesa di tempi migliori semmai torneranno. Certo, troverà una piazza gremita e festante come sempre. Ma è bene non illudersi. Anche la luce del tramonto somiglia in tutto a quella dell’aurora.

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