Lezioni di lingua araba in un comune del trevigiano: il sindaco dice sì, ma…
Si alle lezioni di lingua araba per i ragazzi residenti in un piccolo centro del trevigiano: ma a determinate condizioni. Così ha deciso il sindaco di Santa Lucia di Piave, Riccardo Szumski per salvaguardare i diritti di tutti: di chi, ospite da noi, frequenta le nostre scuole ma proviene da una cultura che, nell’ottica dell’integrazione, ha diritto di conoscere, e di chi, in casa propria ha tutto il diritto di studiare quella di appartenebza, senza declinazioni o sovrapposizioni di sorta.
Lezioni di lingua araba nel trevigiano
E allora, cerchiobbottisticamente, il primo cittadino di Santa Lucia di Piave ha pensato bene di dare il proprio ok alle lezioni di lingua araba, ma a patto che dietro la cattedra vi siano insegnanti donne; che il crocifisso resti rigorosamente appeso, e che le classi di alunni siano, come la nostra consuetudine scolastica vuole, miste. Questi i “paletti” inderogabili che Riccardo Szumski, tentando di declinarsi alla politica dell’accoglienza ormai assodata come realtà di fatto, ha voluto introdurre per consentire l’avvio nei locali del centro sociale dei corsi di lingua araba per i bambini residenti nel comune, che frequentano la scuola dell’obbligo italiana, ma non conoscono l’alfabeto arabo.
I “paletti” richiesti dal sindaco
E non è ancora tutto: sempre in virtù del prinicipio che rispetta la necessità di affiancare al diritto di chi ospita, quello di chi viene ospitato, le lezioni di lingua araba saranno organizzate dall’associazione culturale Albaraka, registrata presso l’amministrazione municipale, e dovrebbero tenersi – data la disponibilità manifestata dal sindaco – nei locali concessi dal comune locale ma di domenica mattina, solo a pagamento e a patto che i testi siano unicamente di grammatica e stilati «con stile occidentale». Una dichiarazione d’intenti chiara e inequivocabile, quella confermata ma con riserva dal primo cittadino di Santa Lucia di Piave, salito alla ribalta delle cronache recenti per aver chiesto che la vicina parrocchia di Sarano pagasse l’Imu per aver accolto temporaneamente un gruppo di migranti sudanesi. «Crediamo – ha infatti ribadito il sindaco a chiare lettere – che con cittadini che vivono regolarmente nel nostro territorio, vi lavorano e pagano le tasse, questo sia il corretto metodo di rapportarsi: patti chiari, rispetto certo, integrazione sicura».