Salvini vola nei sondaggi. Ma per vincere, la destra deve uscire dal limbo

4 Set 2015 16:42 - di Silvano Moffa

Come acchiappavoti, calamita del consenso, Matteo Salvini non si batte. Ha preso la Lega Nord in stato comatoso, alle prese con non pochi problemi interni, sotto torchio per vicende giudiziarie poco edificanti e con un Bossi logorato non solo dai malanni. L’ha ritoccata  e rimaneggiata. Ne ha mutato il cliché, espungendo quel tanto di secessionismo che l’aveva resa inviso ai meridionali, facendola apparire un corpo avulso dal contesto nazionale, un partito buono solo per celebrare il Nord, con le sue virtù e i suoi difetti. Poi, si è messo ad urlare contro l’Euro e a fare a pezzi l’Europa dei tecnocrati e dei banchieri. Ha dato senso e voce alla sofferenza della gente comune, succube dell’agonia di un Continente senza identità, squassato dalla una enorme crisi finanziaria, ridotto sul lastrico dalla mancanza di politiche efficaci e dalla inconsistenza dei leader che da qualche decennio calcano la scena. Infine, nella drammatica, disperata, apocalittica trasmigrazione di masse di uomini, donne e bambini in fuga, dall’Est e dal Sud del Mondo, verso i sempre meno accoglienti lidi del consumismo e dell’edonismo occidentali, ha imbracciato il timone della fermezza, della non cedevole accondiscendenza verso il buonismo che si nasconde nelle pieghe di una ipocrisia rivoltante, come lo è ogni forma di servile assuefazione al politicamente corretto che non assolve, come è ovvio, dalle responsabilità chi non mette al primo posto gli italiani nelle politiche del lavoro, della sicurezza, della casa, degli asili nido e via dicendo. E potremmo ancora procedere nella elencazione delle novità che connotano il profilo della Lega targata Salvini. Fermiamoci qui. I sondaggi, con la Lega che viaggia ormai costantemente sul 15 %, danno ragione al giovane leader.

Salvini, Berlusconi e l’idea di fare una Lega nazionale

Ma ora che si avvicinano i grandi appuntamenti elettorali, ora che le scelte sulle alleanze per rinvigorire il centrodestra battono alle porte e quasi niente, sul quel versante, si muove all’unisono, qualche problema comincia ad avvertirsi. Il Foglio svela i retroscena degli incontri sempre più frequenti tra Salvini e Berlusconi. “Dicono che ogni qual volta Matteo Salvini va ad Arcore il Cavaliere se lo coccola tutto come faceva con Umberto Bossi,- scrive l’arguto Salvatore Merlo –  e che in privato i due si concedano anche delle intimità stravaganti, come vecchi compari, diavoletti dello stesso girone infernale. Ma dicono pure che un minuto dopo, quando Salvini ha lasciato il giardino, superato il cancello e ripreso la via di casa, allora a quel punto Berlusconi alza la cornetta del telefono:«Signorina, mi chiami Roberto Maroni». Al netto delle chiacchiere di corridoio, sta di fatto che i due continuano a studiarsi, a osservarsi, non fidandosi l’uno dell’altro. Un giorno volano briscole, il giorno dopo carezze. Tattica. Strategia. Chissà. Intanto, per mantenere alta la tensione e non perdere voti, Salvini è costretto ogni giorno ad alzare la voce, e, con la voce, l’asticella del politicamente scorretto. Qualcuno, preoccupato, all’interno della Lega, comincia a temere che le spari troppo grosse, e che, alla fine, possa esserci il botto. Difficile a prevedersi. Ma difficile anche pensare che il centrodestra possa tornare a vincere galleggiando nel limbo. Ecco, se c’è una pecca che Salvini dovrebbe colmare è quella di non aver ancora rotto gli indugi. Di non aver dato finora corpo, essenza, spessore, visione e portata culturale all’originario progetto di aggregazione nazionale che, circa un anno fa, aveva annunciato coniando la “Lega dei popoli”. Una Lega che superi i suoi limiti geografici, che vada oltre i tradizionali confini territoriali, che non si limiti a fagocitare la destra o quel che emerge dalla implosione forzista, è una Lega capace di mettere in discussione se stessa. Un passaggio obbligato. L’unica strada, a noi pare, per offrire un nuovo baricentro al centrodestra, per sfondare nel Mezzogiorno, togliere alibi ai detrattori e terreno alle gelosie  di cui si avverte un bieco sentore. Una Lega ferma sul Rubicone serve a poco.

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