Fermare i suicidi dopo l’annuncio su Facebook: ecco tutte le iniziative
Suicidi e social: un connubio sempre più frequente. Uno studio partito dall’analisi dell’ultimo saluto affidato ai social network, ha evidenziato una tendenza purtroppo in continua crescita, testimoniata dunque da una casistica di riferimento drammaticamente nutrita. E allora, non più un biglietto di addio o una lettera, ma un post su Facebook o una “twittata”, hanno trasformato il web nello spazio virtuale a cui affidare l’estremo addio.
Suicidi annunciati sul web
Per questo proprio i social network sono diventati oggetto di studio da parte dei ricercatori per trovare algoritmi in grado di decifrare, tramite una serie di parole, i messaggi di giovani in procinto di togliersi la vita. È questa una delle forme di prevenzione dei suicidi che si possono portare avanti per intercettare un fenomeno che vede coinvolti anche molti giovanissimi. «Dal 1970 al 2010 circa 390 bambini e ragazzi di età compresa tra 10 e 14 anni si sono suicidati in Italia». A dirlo, alla vigilia della XIII edizione della Giornata per la prevenzione del suicidio che si celebra in tutto il mondo, è Maurizio Pompili, responsabile del Servizio per la Prevenzione del Suicidio del Sant’Andrea. Le tecnologie, però, possono essere d’aiuto. Accanto ai software, spiega Pompili, «sono state già diffuse alcune app, che funzionano come “pronto soccorso” in tasca, che vengono istallate sullo smartphone e utilizzate dall’utente nel momento del bisogno. Ma sono molto meno efficaci di sistemi che decodificano una sintassi utilizzata nei messaggi a rischio». Il bullismo, tra i giovanissimi, resta una delle principali cause, ma cambiano i metodi. «Sempre più spesso si usano quelli definiti “violenti”, mentre diminuiscono gli episodi di suicidi da avvelenamento da farmaci, a dimostrazione che i nuovi antidepressivi, se presi in overdose, sono più sicuri rispetto a quelli del passato», specifica Pompili, che è anche vice-presidente della IASP, International Association for Suicide Prevention (IASP).
Lo studio sui suicidi giovanili
«Pur essendo la seconda causa di morte tra i giovanissimi dopo gli incidenti stradali, sul problema non si prendono precauzioni, come invece è accaduto nei decenni passati per altri fattori di rischio, ad esempio, rendendo obbligatorio il casco o le cinture di sicurezza», prosegue l’esperto. Questo ha fatto sì che, mentre le altre cause di mortalità hanno visto una riduzione, il trend dei suicidi è rimasto pressoché costante. «È un problema che impatta la comunità e le coscienze, ma ancora, purtroppo, fonte di stigma e taboo. Anche per questo se ne parla poco e sono mancate campagne di sensibilizzazione». Come quella lanciata da Telefono Amico e Ferrovie dello Stato. «Si chiama Riemergere si può, parliamone, perché è fondamentale intervenire prima, per riprendere in mano la propria vita. Quello che ci arriva dalle persone che ci chiamano è l’estrema solitudine, la necessità di dialogo», spiega Dario Briccola, presidente di Telefono Amico. La campagna, allora, non a caso, «prevede la distribuzione di locandine e flyer nelle stazioni, e video a bordo dei treni».