Tagli lineari per dare soldi ai dipendenti pubblici: ecco la “linea Renzi”

2 Ago 2015 10:18 - di Redazione

Un piano da 13 miliardi di euro in tre anni per rinnovare i contratti dei dipendenti pubblici, come ha chiesto la Corte costituzionale bocciando la prosecuzione a tempo indeterminato del blocco dei rinnovi inaugurato nel 2011. Sarà questa – si legge su “Il Messaggero” – una delle partite più calde di settembre, quando dovrà essere messa a punto la legge di Stabilità per il triennio 2016-2018.

I fondi per i dipendenti pubblici arriveranno dal taglio della spesa pubblica

Le risorse da destinare alla voce contratti si aggiungono a quelle necessarie per disinnescare le clausole di salvaguardia su Iva e altri tributi (in tutto circa 16 miliardi) e ad una serie di altre esigenze che vanno dalla sostituzione delle entrate Iva legate all’inversione contabile (reverse charge) nella grande distribuzione, non ammesse dall’Unione europea, alla cancellazione dell’imposta sull’abitazione principale, alla maggior spesa previdenziale necessaria per garantire il rispetto di un’altra sentenza della Consulta e (forse) per concedere un po’ più di flessibilità in uscita ai lavoratori ultrasessantenni. E altri soldi ancora sotto forma di investimenti aggiuntivi potrebbero rendersi necessari, qualora il governo ritenga di dare almeno un segnale di attenzione verso le Regioni meridionali dopo l’inquietante analisi contenuta nel Rapporto Svimez.

L’impegno da onorare verso i dipendenti pubblici non è da poco

A quantificarlo ci aveva pensato lo stesso ministero dell’Economia nel documento su “Analisi e tendenze della spesa pubblica” presentato lo scorso mese di aprile insieme al Def (Documento di economia e finanza). In quel testo vengono tradizionalmente illustrati anche gli effetti delle cosiddette “politiche invariate” ovvero uno scenario in cui si tenga conto non solo di entrate e spese necessaria a legislazione vigente, ma anche di quelle che deriverebbero dalla prosecuzione di una determinata prassi costante nel corso degli anni. Nel caso dei contratti pubblici per la verità questa prassi si è interrotta nel 2011, ma viene presa in considerazione lo stesso.

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