In Italia lavorano in pochi: siamo più simili alla Grecia che alla Germania
Siamo uno a uno. Ma è uno di quei pareggi che comportano il rischio di retrocessione, perché rivelano un equilibrio sempre più precario: per ogni abitante pensionato, disoccupato o così scoraggiato che vorrebbe lavorare ma non cerca neanche più, in Italia c’è solo un’altra persona che un posto di lavoro lo ha. Per l’esattezza ce ne sono 1,06. Altrimenti detto centosei adulti si danno da fare ogni giorno per produrre e sostenere (direttamente o attraverso lo Stato) altri cento adulti che, per vari motivi, si limitano a ricevere e consumare. Magari sembrerà normale, ma non lo è.
Italia ha 106 lavoratori attivi per ogni cento pensionati, disoccupati o scoraggiati. In Germania il rapporto è di 175 a cento.
Ammesso che l’Europa di oggi possa ancora essere identificata con l’ordinarietà, nel confronto con gli altri Paesi è semplicemente abnorme: insieme alla Grecia, l’Italia è ultima nell’unione monetaria per il rapporto di forze fra chi produce e chi non lo fa (o non lo fa più). E questo è uno dei rari aspetti della vita nazionale che la lunga crisi dell’euro ha cambiato poco: l’Italia era già ultima prima del contagio finanziario, dell’austerità e della tripla recessione, al punto che paradossalmente risulta oggi fra le eco nomie in cui meno e successo dal 2007 in poi. Già otto anni fa questo Paese aveva ufficialmente così poche persone al lavoro che persino oggi nessun Paese europeo (tolta la Grecia) risulta in un equilibrio così precario come quello che contrassegnava l’Italia già prima del grande crac.
L’Italia che produce perde sempre più terreno (e solo la Grecia fa peggio)
Ora la manovra in arrivo per l’autunno sta sollevando un gran numero di ipotesi: il taglio delle tasse sulla casa, la flessibilità per anticipare il pensionamento, gli sgravi sul lavoro o sulle imprese. Per cercare di capirne il senso, il «Corriere» ha condotto un piccolo test. Ne è uscito fuori che la Germania ha avuto un’ottima crisi: è la sola economia di Eurolandia che in questi otto anni sia riuscita a incrementare il numero di persone che lavorano rispetto a chi dipende da trasferimenti monetari da parte di qualcun altro. Nei restanti 18 Paesi oggi mèmbri del club dell’euro, nordici inclusi, dal 2007 al 2014 il numero dei lavoratori è invariabilmente diminuito rispetto al numero dei «consumatori» (vedi grafico). Spesso molto diminuito: come in Finlandia, in Olanda, in Lussemburgo e non solo a Cipro, in Spagna, in Grecia, Portogallo o Irlanda. C’è però nel gruppo un’economia che si dimostra notevolmente stabile da questo punto di vista: l’Italia. È il Paese che ha la variazione più piccola, ed è anche quello già a fondo classifica quando l’economia andava meglio.