Con la tomba del re soldato salviamo un pezzo della nostra storia

17 Lug 2015 15:05 - di Mario Bozzi Sentieri

Non c’è bisogno di ricordare Luis Sepulveda per dire che un popolo senza memoria è un popolo senza futuro”. Più che una citazione è una constatazione, particolarmente necessaria in un’Italia dove la “memoria” è a fasi alterne, più segnata dall’opportunismo politico che dalle sue intime ragioni spirituali, più capace di dividere che rimarcare un’identità. Già prevedendo reazioni “trasversali”, da destra a sinistra, facciamo comunque nostro e rilanciamo l’appello di Maria Gabriella di Savoia, “Non lasciamo all’Isis la tomba del Re Soldato”, pubblicato da “il Giornale”. Scrive la nipote dell’ultimo re d’Italia: «In considerazione delle gravi tensioni e violenze che stanno interessando l’Egitto, ritengo che per un dovere civile e morale sia giunto il momento di procedere al rientro delle salme di Re Vittorio Emanuele III e della Regina Elena: per salvarne la loro e la nostra collettiva memoria. Molte nazioni oggi repubblicane ma che furono monarchie hanno provveduto al rimpatrio delle salme dei loro regnanti e ciò non solo in segno di pacificazione nazionale, ma anche nel rispetto della tradizione storica. Perché il nostro paese non può fare altrettanto? Sarebbe imperdonabile per l’Italia repubblicana non aver impedito che un gesto vandalico oltraggiasse, profanandoli, i resti mortali di chi indissolubilmente è legato alla nostra identità nazionale, di chi appartiene alla storia d’Italia».

La tomba del re soldato

È un dato di fatto che la tomba di Vittorio Emanuele III e della Regina Elena, conservata nella chiesa di Santa Caterina, al Cairo, sia a rischio. Doveva essere, nel 1947, una sistemazione provvisoria, ma come si sa – per dirla alla Prezzolini – “in Italia nulla è stabile fuorché il provvisorio”. Anche le figure e le memorie che rappresentano la nostra Storia, nel bene e nel male, sono condannate a questa “provvisorietà”. Un po’ come le norme “transitorie” della Costituzione, diventate paradossalmente, in alcuni passaggi, fondative dello stesso ordinamento repubblicano. Di fronte al rischio che la tomba dell’ultimo re d’Italia finisca, sotto le mazze dell’Isis, come i tesori d’arte di Palmira, Ninive e Mosul, è tempo che le salme di Vittorio Emanuele III e della Regina Elena tornino in Italia. La questione non è essere pro o contro la monarchia. In gioco c’è la nostra Storia, complicata e “stratificata” come tutte le Storie. Ma pur sempre “nostra”, perché quel Re, morto in esilio, fu ai vertici dell’Italia unita per quarantasei anni (dal 1900 al 1946), diventando, nel bene e nel male, il simbolo stesso del nostro essere Nazione. Perciò gli è dovuta nuova e degna sepoltura. Finalmente in Italia, cercando di evitare che con un pezzo della nostra Storia vada in frantumi anche la nostra dignità nazionale.

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