Patacca dell’Isis: erano copie le statue di Palmira distrutte nei video

4 Lug 2015 12:44 - di Redazione

Una “patacca” targata Isis. Sarebbero false le statue romane provenienti da Palmira che il Califfato Islamico ha annunciato di aver distrutto dopo averle sottratte a un “contrabbandiere”. In un comunicato l’Isis  aveva  annunciato la cattura a un checkpoint di una persona che trasportava varie statue provenienti dallo straordinario sito archeologico della città siriana e la distruzione dei busti dopo la fustigazione dell’uomo.  A conferma della ricostruzione I jihadisti avevano messo in rete alcune fotografie in cui si vedeva un uomo sottoposto a fustigazione con l’accusa di essersi impossessato di opere provenienti da Palmira, in altre fotografie veniva mostrata la distruzione delle statue.

Le statue false

Tutto inventato: si trattava di copie non autentiche, sostiene l’Osservatorio siriano per i diritti umani, ong con sede in Gran Bretagna, che cita «fonti autorevoli a Manbij», il sobborgo nordorientale della provincia di Aleppo dove i jihadisti avrebbero distrutto le statue trafugate dall’antica città romana. Secondo le fonti interpellate dall’ong vicina alle opposizioni al regime di Damasco, l’Isis ha distrutto  solo le copie trattenendo i pezzi originali per poterli vendere sul mercato nero all’estero. Insomma «si è trattato di una messinscena» per poter alimentare il traffico dei reperti archeologici.

Il giallo di Palmira

Aveva destato sdegno in tutto il mondo l’ennesima notizia degli scempi compiuti dall’Isis nei confronti del patrimonio archeologico. È stato il direttore generale per i Musei e le Antiquità, Mamoun Abdul-Karim, a denunciare due giorni fa la distruzione a Palmira della statua risalente al II secolo dopo Cristo della dea pre-islamica al-Lat. «I terroristi dell’Is hanno distrutto una delle più importanti statue della Siria in termini di qualità e peso», aveva annunciato a proposito dell’opera d’arte che raffigura la dea sotto forma di leone che afferra la preda, un cervo.  Non era stata trasferita a Damasco, come avvenuto per altri reperti, ma era custodita nel giardino del museo di Palmira.

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