Da Centocelle a Regina Coeli, la triste parabola di Ozzimo, il piacione del Pd

6 Giu 2015 19:37 - di Paolo Lami

Da Centocelle a Regina Coeli. Un destino a scacchi per l’eterno studente Daniele Ozzimo, volenteroso militante Pd di stretta osservanza bersaniana nato nel popoloso quartiere del quadrante est della Capitale dal quale ha spiccato politicamente il volo per finire la sua carriera nelle celle del carcere romano da assessore Pd di Roma Capitale. Tutta colpa del romanzo  Mafia Capitale. Quello che il Pd si sbraccia a definire un cancro che non sta uccidendo il Pd. Salvo portarsi via i politici del Pd, uno dopo l’altro, come un romanzo di Agatha Christie. O come appassite foglie in autunno.
Mascella volitiva e sguardo d’attore, l’abbronzatura e quel filo di barba che tradisce il ruolo da piacione tanto apprezzato dalle mature e ingioiellate signore dei salotti radical chic e delle piantumate terrazze del generone romano dove si vota Pd soprattutto per essere borghesemente politically correct, Ozzimo era considerato un enfant prodige dal suo partito che gli ha consegnato senza un sé e senza un ma prima la segretaria dei Democratici di Sinistra del V Municipio e, quindi, in un crescendo rossiniano, la candidatura al consiglio comunale della Capitale, la carica di vice-Presidente della Commissione Politiche Sociali, la poltrona di membro della Commissione Lavori Pubblici, Scuola e Sanità e, infine, il posto di Assessore alla Casa del Comune di Roma.
Sembrava inarrestabile la corsa di questo ragazzone partito dalle assemblee studentesche del Tiburtino che si dichiara antifascista e si fa ritrarre mentre strimpella la chitarra, una sigaretta consunta fra le mani, l’aria da poeta maledetto che fa sciogliere le sue giovani fans su Facebook.

L’imbarazzante sms della moglie di Ozzimo a Buzzi: «grande capo..»

Invidiato era invidiato Daniele Ozzimo per aver impalmato la più bella del Pd romano, la bersaniana Micaela Campana, seducente deputata di schiatta pugliese ma politicamente romana, occhi azzurrissimi e sorriso disarmante che, però, ora l’ha lasciato a piedi.
Separati, li ha riuniti, beffardo destino, proprio Mafia Capitale. Le intercettazioni raccontano implacabili lo scambio di sms, imbarazzante e complice, fra Micaela ora responsabile per il welfare della segreteria di Matteo Renzi, e Salvatore Buzzi. Il boss delle cooperative di detenuti le aveva chiesto di presentare un’interrogazione su un appalto. Lei lo saluta così, con un sms equivoco «Parlato con segretario ministro. Mi ha buttato giù due righe per evitare il fatto che mi bloccano l’interrogazione perche non c’e ancora procedimento. Domani mattina ti chiamo e ti dico. Bacio grande capo…». Come se non bastasse in un’intercettazione si sente Buzzi dire: «Mo se me compro la Campana…». Non prima di aver specificato a Carminati, durante un colloquio nel suo ufficio, il 5 maggio 2013, «…riguardo a Michela e Bubbico stanno allo stesso partito no? se glie dicessi… io domani siccome la devo vede’ prima de Gasbarra e siccome dovemo dagli pure 20 mila euro per sta cazzo de campagna elettorale “ce fai aprì sta cosa te damo 1 euro a persona per la campagna elettorale”».
Un abbraccio micidiale dal quale l’irresistibile Micaela si svincola spiegando al Corriere della Sera che chiama tutti così, “grande capo”. E che quei soldi non potevano servire per la sua campagna elettorale perché lei era già stata eletta all’epoca. Quanto al marito – ex, ci tiene a specificare lei, «il sindaco Marino definisce Daniele un baluardo della legalità». E per fortuna. Perché, invece le intercettazioni raccontano ben altro del marito.

I debiti fuori bilancio approvati da Ozzimo per favorire Buzzi

Ora sulla sua pagina Facebook, meste e malinconiche scorrono le foto di una carriera politica che lo avrebbe portato chissà dove se non fossero arrivati i Ros a fermare i piani di Ozzimo e del Pd romano. Lui si duole, su Facebook, che all’opposizione, con la destra al governo della città, fa quel che può con una certa difficoltà. Ma dalle intercettazioni cristallizzate dai militari dell’Arma si scopre ben altro.
«Le indagini svolte – scrivono i pm della Capitale – hanno evidenziato che l’indagato, sia nel periodo in cui era semplice consigliere comunale di minoranza, sindaco Alemanno, sia nel periodo in cui è stato consigliere comunale di maggioranza e assessore nella giunta Marino, ha messo a disposizione di Buzzi la sua funzione verso il corrispettivo di utilità a contenuto economico, costituendo una delle tessere di quella trasversalità corruttiva che ha caratterizzato l’azione di Mafia Capitale nell’ultimo lustro. (…) Il tema della proposizione accusatoria si decompone in due distinte serie di eventi: la costante erogazione a Ozzimo di utilità a contenuto economico; l’asservimento della funzione di costui e il compimento di specifici atti del suo ufficio, connotato da un sinallagma correttivo».
Più in particolare, secondo il gip «Ozzimo nella sua qualità prima di consigliere capitolino e vicepresidente della Commissione Politiche Sociali e membro della Commissione Lavori Pubblici, Scuola e Sanità, poi, dal 2013, anche nella sua qualità di assessore al Comune di Roma, poneva a servizio di Buzzi la sua funzione».
«Già nel periodo in cui Ozzimo era consigliere di minoranza – dettagliato implacabili i magistrati – si rileva la sua partecipazione ad atti illegittimi e favorevoli alla consorteria di Buzzi, come la partecipazione alle delibere che riconoscevano debiti fuori bilancio. In particolare, dalla documentazione acquisita emerge che egli ha partecipato alle delibere del 9/10 aprile 2013, che ha approvato i debiti fuori bilancio, interessanti le cooperative di Buzzi, in relazione al 2012 Attività che non era limitata alla partecipazione delle delibere, ma si estendeva alla creazione del consenso politico e istituzionale, dentro e fuori il suo partito, per i passaggi consiliari del riconoscimento del debito “

Ozzimo e Buzzi salvano la coop con i soldi dei romani

Da assessore, poi, Ozzimo «poneva in essere atti contrari ai doveri del suo ufficio consistenti nel partecipare alle delibere consiliari relative ai riconoscimenti del debito fuori bilancio dal 2012 e nel 2014; nella creazione del consenso politico e istituzionale necessario all’adozione delle delibere per il riconoscimento del debito fuori bilancio; nella proposizione di mozioni in seno al consiglio comunale intese a facilitare la proroga delle convenzioni relative al verde pubblico per le cooperative riconducibili a Buzzi; nella partecipazione alla riunione di giunta del luglio 2014, proteggendo la posizione di Fiscon, il cui ruolo era posto in discussione dal sindaco».
Per questo Ozzimo avrebbe ricevuto «una costante erogazione di utilità a contenuto patrimoniale» e, più in particolare, un’assunzione – una ragazza in una delle cooperative di Buzzi, come operatrice di servizi al Bioparco – e, «nel maggio 2013, l’erogazione di 20.000 euro, formalmente qualificati come contributo elettorale – da parte di Buzzi che agiva in accordo con Carminati».
Il gioco di Ozzimo e Buzzi prende forma attraverso un complicato giro di “cortesie” reciproche, un do ut des nel quale Ozzimo cerca di salvare dal disastro finanziario la coop edilizia Deposito Locomotive San Lorenzo oberata dai debiti e dalle cambiali. E pensare che il 16 dicembre 2014 il presidente della coop Santino Dei Giudici ha ricevuto l’ambito premio “Maestro dell’Economia”. Ma i premi sfoggiati sul sito della Legacoop Lazio sono una cosa, i bilanci della coop che ha iniziato costruendo case per i ferrovieri e ora si è allargata sono un’altra.
Ci sono quei 14 appartamenti in zona Case Rosse – Settecamini a Roma e una cambiale già scaduta. La coop Deposito Locomotive San Lorenzo ha l’acqua alla gola, insomma. Servono 150.000 euro che in cassa non ci sono. Di qui l’idea: Buzzi opzione le case dalla coop Deposito Locomotive San Lorenzo e, in cambio, Ozzimo concede la proroga della convenzione comunale per la gestione dei servizi dell’emergenza abitativa, concordando un canone esagerato e fuori mercato di 24,50 euro. Tanto pagano i romani.

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