Minniti fa autocritica: nei Servizi finisce l’era degli 007 “raccomandati”

22 Mag 2015 18:16 - di Redazione

Un’operazione di marketing in pieno stile. D’altra parte la foto ufficiale che si è fatto fare – le tre dita a reggere il mento, l’aria pensosa ed evocativa, la testa docilmente chinata in stile Mastrolindo – la dicono tutta. Aldilà del pippone che l’abbronzato sottosegretario Marco Minniti porge ai media a suo uso e consumo con un comunicato-monologo più lungo dell’Odissea di Omero, l’ex-ministro dell’Interno del governo ombra del Pd svela fra le righe una verità in anteprima: fino ad oggi ai Servizi Segreti si finiva per cooptazione, magari per raccomandazione, ogni tanto per merito. Ora Renzi, che aveva mille cose da fare, ha sopportato e accettato tutto questo. Forse per spirito di servizio, forse per non pestare i piedi agli 007 che porta male, forse perché non se ne era accorto o dormiva o, appunto, perché aveva altre cose da fare. Ma ora, giura e annuncia Minniti, le cose cambiano. «Abbiamo fatto una piccola rivoluzione copernicana: l’assunzione di 30 giovani delle Università italiane che hanno fatto domanda ed entreranno a fare parte delle Agenzie – svela il sottosegretario Pd – Per la prima volta abbiamo un contingente di ragazzi e ragazze che lavoreranno nell’Intelligence senza passare per i tradizionali canali di reclutamento, che sono le forze di polizia e le Forze Armate».
Minniti, fa sapere che mercoledì prossimo alle 11 sarà presente al Polo universitario di Coppito, a L’Aquila, per un nuovo incontro del Roadshow “Intelligence live” (siamo italiani ma non resistiamo al fascino dell’inglese), che da ottobre 2013 vede il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica dialogare con i giovani nelle principali università italiane, mettendo in cantiere collaborazioni con i principali centri di ricerca e di eccellenza.
Il cosiddetto Roadshow è un giro nelle Università italiane che va avanti da due anni e, forse, serve più a Minniti e alla sua Fondazione Icsa (Intelligence Culture and Strategic Analysis) il think-tank  fondato dallo stesso Minniti nel 2009 a Roma, da lui presieduta fino al 2013 e ora sotto osservazione dei pm campani che vogliono capire perché ricevette 20.000 euro di finanziamento dalla cooperativa rossa Cpl travolta dall’inchiesta sulle tangenti.
«Di fronte alla minaccia liquida di un terrorismo molecolare che mette in pericolo la nostra libertà – sostiene un roboante Minniti – il nostro obiettivo è fare rete per garantire la sicurezza di tutti i cittadini. L’Aquila – dice – segna la ventesima tappa del Roadshow “Intelligence live” negli atenei italiani ma questo non è solo un appuntamento: è un segno di fiducia e di speranza. L’Intelligence italiana non poteva non ascoltare la voce dei giovani universitari di questa città che ha dimostrato al mondo di non mollare».
Minniti parla di “game changer“, di fruibilità sociale, di sicurezza partecipata, di assets strategici, di Intelligence Community. Fino alla conclusione lapalissiana: il sistema Sicurezza deve fare sistema. Pare di capire che, fino ad oggi, gli 007 guidati da Minniti (e Renzi) si sono girati i pollici, insomma.

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