Ddl sul conflitto di interessi: ecco quelli di Renzi e del Pd

8 Mag 2015 14:56 - di Carlo Marini

«Cominceremo da oggi e nei prossimi giorni ad analizzare il conflitto di interessi di Renzi, suo personale e di tutti i suoi ministri, in maniera tale da avere pronto il quadro normativo da applicare innanzitutto al suo governo, perché quello di Renzi, ad oggi, è il governo con il più grande conflitto di interessi: nel mondo bancario, nel mondo finanziario, nel mondo delle cooperative. E su questo ci sarà molto da discutere in Parlamento quando si presenterà, penso da parte del governo, il disegno di legge sul conflitto di interessi. Altro che Berlusconi, il conflitto di interessi sei tu caro Matteo Renzi, come la Coop«. Lo ha detto Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati conversando con i cronisti alla Camera. «Perché – prosegue – proprio in questo momento il governo parla di conflitto di interessi?» «Forse – risponde – una battuta peregrina o ipocrita della ministra Maria Elena Boschi, la quale ha anche un grande conflitto di interessi per quanto riguarda il sistema delle banche popolari. Ma anche sulla ministra Boschi si farà un’analisi puntuale dei conflitti di interessi. Analizzeremo i conflitti di interessi del governo in carica e dei parenti del governo in carica: cosa molto semplice, molto democratica, molto trasparente, in maniera tale che il Parlamento abbia tutti gli elementi per poter decidere quale migliore legge fare sul conflitto di interessi. Anche se, ricordiamolo, l’unica legge, quella vigente, sul conflitto d’interessi l’ha fatta il governo Berlusconi, perché la sinistra non mai fatto nessuna legge sul conflitto di interessi negli anni in cui governato».

Conflitto di interessi: il governo ne studia una anti-Berlusconi

Il senatore del Pd Massimo Mucchetti in un’intervista a Repubblica ha illustrato le caratteristiche principali della proposta presentata alla Camera, che «stabilisce l’incompatibilità dei parlamentari, estendibile ai membri del governo, non solo se sono presidenti o Ad di società partecipate o titolari di concessioni o licenze pubbliche, come prevedono già le leggi degli anni ’50, ma anche se ne sono gli azionisti di controllo, di diritto o di fatto». È prevista l’incompatibilità e non direttamente l’ineleggibilità o l’incandidabilità, ha aggiunto Mucchetti «per evitare una decadenza burocratica e automatica. È più equo dare la facoltà all’eletto di scegliere entro 30 giorni se mantenere il mandato, e dunque vendere a terzi nel giro di un anno le partecipazioni azionarie, o se conservare l’impresa e decadere».

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