Veronica Panarello è passata due volte al Mulino Vecchio

12 Dic 2014 20:56 - di Roberto Frulli

La Polo nera di Veronica Panarello, accusata di aver strangolato con una fascetta di plastica il figlio di 8 anni e di aver portato il suo corpo in contrada Mulino vecchio di Santa Croce Camerina, risulta «essere passata», il 29 novembre scorso «per due volte dal mulino vecchio», la zona dove è stato ritrovato il corpo del bambino. Lo rivela il gip Claudio Maggioni nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per omicidio aggravato e occultamento di cadavere con la quale convalida il fermo della donna che resta così in carcere.
Secondo il gip, che sottolinea il fatto che Veronica Panarello «non si è trovata dove diceva di essere ed è provato che nello stesso tempo era altrove, è «compatibile la ricostruzione dell’accusa» sull’omicidio del bimbo fatta dai magistrati.
Maggioni ha quindi sostanzialmente accolto la richiesta della Procura di Ragusa che non ha commentato la decisione del gip e ha annunciato per domani la diffusione di un comunicato stampa.
«Ne prendiamo atto, la studieremo e poi presenteremo ricorso al Tribunale del Riesame di Catania», ha detto il legale di Veronica Panarello, l’avvocato Francesco Villardita, commentando la decisione del gip di Ragusa.

Nessun cellulare segreto, aveva prestato il suo a un’amica

La donna non è al momento a conoscenza della decisione del gip di Ragusa e non saprà nulla prima di domani. in quanto al suo legale, per regolamento, non è permesso di incontrarla di sera dato che Veronica Panarello si trova in isolamento nell’istituto penitenziario di Catania.
«Informerò dell’ordinanza la mia assistita domani mattina – conferma il suo legale, l’avvocato Francesco Villardita – quando mi recherò a trovarla».
Si va definendo e si chiarisce la vicenda del cellulare “segreto” che Veronica Panarello avrebbe avuto. In realtà le cose stanno un po’ diversamente.
Nei mesi scorsi Veronica Panarello ha prestato il suo cellulare a un’amica che aveva il telefonino rotto. Quest’ultima lo ha utilizzato con la sua sim e quindi nell’apparato sono stati trovate soltanto foto e immagini del bambino. Questo sarebbe il cellulare di cui parla la sorella di Veronica Panarello, Antonella, alla quale la donna arrestata avrebbe detto «di avere un cellulare segreto nascosto bene con immagini e foto» del bambino.
Il telefono della 30enne, migliore amica di Veronica Panarello, che abita a Gela e ha parenti a Santa Croce Camerina, si rompe nell’estate scorsa. E Veronica Panarello le avrebbe detto «non ti preoccupare, ti presto il mio». Da allora il telefonino è rimasto in mano alla 30enne che l’ha utilizzato usando la sua sim. All’interno del cellulare sono rimaste le foto e i filmati del bambino ucciso, ai quali Veronica Panarello si riferisce parlando con la sorella Antonella. Secondo quanto si apprende, il telefonino, che è stato consegnato a polizia e carabinieri dopo il delitto, restando in uso alla 30enne, è stato già esaminato e al suo interno sono stati trovati filmati e video del bambino ma dai tabulati non emergerebbero elementi utili alle indagini.
Anche la 30enne ha confermato la versione di Veronica Panarello: all’interno del cellulare c’erano «foto e video di Loris, e tutte le cose di cui una mamma è orgogliosa», ha sostenuto.
Pesa sulla ricostruzione della Procura anche la testimonianza di Giuseppe Brullo, medico curante di Veronica Panarello. Che, intervistato dall’inviato di “Quarto Grado” dubita fortemente di quanto sostenuto dai magistrati: «per quello che l’ho potuta conoscere, non credo l’abbia ammazzato lei. Non mi sembra una donna capace di fare queste cose. E poi con quella freddezza. È difficile che non abbia mai dato segni di squilibrio».

«Una persona normalissima e lucida, molto attaccata ai figli»

«Mi è sembrata una persona normale. Normalissima e lucida. Una mamma molto attaccata ai figli. Non mi ha mai dato l’impressione di essere una persona debole di mente, né mi ha mai chiesto farmaci di tipo psichiatrico – spiega il dottore – Ho avuto modo di vederla dopo il fatto: lì ho notato un qualcosa di strano. Mentre le stavo mettendo una flebo, perché era disidrata e non mangiava da giorni, si rifiutava e mi chiedeva il parrucchiere per tagliarsi i capelli».
«Questa cosa mi ha sconvolto – ammette il medico – perché non è normale. Diceva che gliel’aveva chiesto il figlio, perché voleva la mamma con i capelli corti e lo voleva accontentare. Mi ha domandato, come fanno tutte le mamme che soffrono, di darle qualcosa per farla morire, per raggiungere il figlio», prosegue il medico.
«Il primo giorno in cui sono andato da lei, mi ha chiesto di portarle il “famoso” cacciatore che aveva trovato il bambino, per farglielo conoscere. Gli ha chiesto ripetutamente come l’avesse trovato, in che condizioni, se gli avesse preso la mano, se gli avesse fatto una carezza, se il bimbo avesse ferite, come fosse vestito».
Alla domanda se la donna avesse voluto sapere delle fascette o dei polsi, l’uomo replica: «No. Non glielo ha mai chiesto». E conclude: «Conosco Orazio Fidone. Siamo anche parenti e quando l’ho accompagnato da lei, non mi ha mai dato impressione che si conoscessero o potesse esserci un legame».

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