Terrore a Sidney: due ostaggi morti e il sequestratore islamico ucciso
Due ostaggi morti, il sequestratore ucciso e almeno quattro feriti: è terminato nel sangue il blitz delle forze speciali australiane nella caffetteria di Sidney dove un cinquantenne iraniano ha tenuto in ostaggio per 16 ore una cinquantina di persone. Man Haron Monis, protagonista del sequestro che ha angosciato l’Australia, non è il classico lupo solitario, il terrorista della porta accanto che inquieta i sonni delle intelligence mondiali, la cellula nascosta pronta ad agire dopo una vita passata nell’oscurità. Monis, autoproclamatosi predicatore islamico, era già noto alle cronache per aver spedito alle famiglie dei soldati australiani uccisi in Afghanistan lettere offensive, nelle quali accusava i militari di «essere al soldo di Hitler». Aveva anche scritto un pamphlet, che a suo dire avrebbe spedito anche a Barack Obama e David Cameron, per denunciare «il terrorismo degli americani e dei loro alleati». Ma anche strali contro i musulmani «che hanno deviato dal Corano». Tra questi gli sciiti, una fede che Monis aveva abbandonato: «Ero un Rafidi (termine dispregiativo con cui alcuni sunniti indicano gli sciiti), ma ora non più», aveva scritto sul proprio sito web e rilanciato via Twitter.
Aveva ottenuto l’asilo politico nel 1996
Nato in Iran, nel 1996 ha chiesto e ottenuto asilo politico in Australia. Ma nella sua fedina penale non c’è solo l’estremismo islamico: lo scorso anno è stato rilasciato su cauzione nel processo per la morte della ex moglie. La donna venne uccisa con diverse pugnalate e poi data alle fiamme. Secondo l’accusa, il “predicatore” avrebbe assistito al barbaro delitto, compiuto dalla sua nuova compagna. Pochi mesi fa una quarantina di denunce, presentate da sei donne, per molestie sessuali a vario titolo, che avrebbe perpetrato una decina di anni fa, quando si presentava come «curatore spirituale, ed esperto nelle arti magiche». Tutte accuse respinte: «È un affare politico», disse, paragonando il suo caso a quello di Julian Assange, l’australiano fondatore di Wikileaks, anch’egli accusato di reati a carattere sessuale che lo costringono da due anni a vivere nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra. Il suo ex avvocato, Manny Conditsis, lo ha definito un «solitario», «senza nessun legame con gruppi terroristici», «con una razionalità offuscato dalla sua ideologia».