La destra romana nella bufera si sfoga sui social: che fare adesso?

4 Dic 2014 19:19 - di Redattore 89

Ci sono rabbia, preoccupazione, solidarietà nell’eco che l’inchiesta “Mafia Capitale” ha avuto sui social network e non solo. Chi lo conosce si dice certo dell’estraneità di Gianni Alemanno da quel sodalizio criminale che per i pm ha le caratteristiche dell’associazione mafiosa e tanto su facebook quanto su twitter è stato lanciato l’hashtag #iostoconalemanno, in cui molti post sono foto in compagnia dell’ex sindaco come a dire che chi scrive ci mette la faccia.

Un sistema consociativo che riguarda tutti

Nessuno minimizza la portata dell’inchiesta, anzi. Sono soprattutto i quadri politici con un passato da amministratori a Roma a sottolineare la gravità dell’impianto accusatorio e a invocare chiarezza e serietà nell’affrontare i risvolti di quello che, in un’intervista al Giornale, l’ex assessore alla Cultura Umberto Croppi ha definito «un sistema consociativo», cui partecipava tanto la destra quanto la sinistra: «Una rete di relazioni con la quale la politica si intrecciava agli affari». Alemanno? Sostanzialmente Croppi gli imputa ciò che lo stesso ex sindaco imputa a se stesso: aver sottovalutato alcuni campanelli d’allarme, in un eccesso di fiducia verso alcuni dei suoi collaboratori.

Augello invoca la «ramazza»

Se ha ragione Croppi, «anche Veltroni dovrà rispondere su Mafia Capitale, o no?», è la domanda che Fulvio Abbate ha postato a commento delle parole dell’ex assessore, dimostrando come anche negli ambienti della sinistra ci sia chi segue l’appello di Andrea Augello a non farne una questione di parte, ma di «limite dell’intero sistema politico romano». Anche per il senatore Ncd, l’ex sindaco è «una persona che può commettere errori di valutazione, ma sono sicuro che non ha niente a che fare con questioni legate a cosche criminali». Ma Augello ha anche un’altra certezza: «Dopo Fiorito, Lusi, Maruccio, il caso Di Stefano  e questa nuova inchiesta, ci vogliono risposte vere e un bel lavoro di ramazza».

“Quel che resta della destra” secondo Veneziani

Marcello Veneziani, in un articolo dal titolo Quel che resta della destra sul Giornale di oggi, ha citato Fiorito come figura paradigmatica di una destra che «non ha saputo essere popolare e non chiusa in un cameratismo di setta de’ noantri». Una destra che «non ha osato», ma che non è stata «peggio degli altri». «La mafia penetra perché offre alla politica, per vie indirette, piccoli vantaggi e immediate utilità; la politica non si chiede la provenienza, non indaga, non denuncia, non respinge», ha scritto Veneziani, ribadendo che «lo scandalo romano tocca tutti, da destra a sinistra», ma chiarendo che «non crederò mai che Alemanno e Veltroni siano stati collusi con la Cupola».

Per Malcotti l’inchiesta rischia il flop

La assoluta trasversalità dell’inchiesta è, per Luca Malcotti, un elemento di debolezza dell’impianto accusatorio. «Mettere in un’unica grande organizzazione criminale persone così distanti politicamente e temporalmente non è credibile», ha scritto su facebook l’ex assessore regionale, ribadendo anche lui di non poter crede in alcun modo che Alemanno «sia complice di questo minestrone criminale». Il rischio di tutta questa vicenda è, dunque, per Malcotti che chi ha vere colpe finisca prosciolto «per insufficienza di prove o per la prescrizione dei reati», mentre «le persone per bene che sono ingiustamente accusate» paghino «con lo stravolgimento della loro vita». «Sempre che non sia proprio questo il risultato che si va cercando», è l’amara considerazione di Malcotti, che pure scrive con grande nettezza che «chiunque ha sbagliato deve pagare, indipendentemente dalla bandiera sotto la quale ha militato».

 

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