Contro Renzi e contro la Camusso, non ci facciamo prendere per i fondelli

12 Dic 2014 18:33 - di Girolamo Fragalà

«Servono lavoro e diritti», urla Susanna Camusso dal palco nel giorno dello sciopero. «Servono lavoro e diritti», diceva Matteo Renzi pochi giorni fa. «Basta con i dilettanti allo sbaraglio», grida la Camusso. «Basta con i dilettanti allo sbaraglio», diceva Renzi, quando rottamava il vecchio e gridava al “merito”. «Il governo scelga tra conflitto e dialogo», insiste la Camusso. «È finita la stagione del conflitto, inizia quella del dialogo», fu una delle frasi più famose della fase-1 di Renzi. Sono lì, tutt’e due, protagonisti lontani e vicini della giornata della grande mobilitazione sindacale, usano lo stesso linguaggio per dire cose contrapposte, dal “c’eravamo tanto amati” alla guerra delle piazze, io sto con gli operai e tu con i capitalisti. La sinistra come al solito si divide in due, sinistra di lotta e di governo, degli operai e dei borghesi, c’è lo scaricabarile, l’assunzione di responsabilità e di irresponsabilità. Fino a quando sullo schermo compare la scritta The End, tutti a casa, lo spettacolo è finito, i pullman ripartono, le opposte fazioni sono soddisfatte. Negli altri – in chi cioè non è sceso in piazza e non si è esaltato vedendo il premier in tv, cresce la convizione che non si può stare né con Renzi né con la Cgil.

Contro Renzi

È il premier delle promesse, ne fa una al giorno, a ritmi incalzanti, senza un attimo di pausa. Inonda di parole, usa le tv come se fossero “cosa sua”, saltella da un divano televisivo all’altro, fa innamorare persino Barbara D’Urso. Intanto il Pil 2014 cade ancora, l’Italia non cresce dal 2011 e il potere di acquisto delle famiglie diminuisce ancora. Renzi ha avuto il coraggio di sostenere che con lui le tasse erano diminuite e invece chiunque ha potuto verificare sulla propria pelle che è vero il contrario, e cioè che il peso fiscale è aumentato. Sempre Renzi aveva dato un calendario garantendo riforme a raffica, ma di quelle riforme non si trova traccia. Ha finto di alzare la voce contro la Merkel ma si è inginocchiato davanti alla Cancelliera, facendo la figura dello studentello che va a prendere lezioni. Ha detto che la priorità era il posto di lavoro, l’unica ricetta che ha saputo mettere sul piatto è il tentato omicidio dell’articolo 18, senza nemmeno un’iniziativa collegata. Un bluff, due bluff, tre bluff. Troppi bluff. Con Renzi proprio no, non si può stare.

Contro la Camusso

La Camusso non è più credibile nelle vesti di paladina dei diritti dei lavoratori. Perché la Cgil – colpa anche dei predecessori dell’attuale leader – da anni non fa sindacato ma politica, utilizzando l’arma dello sciopero generale non tanto per difendere la classe operaia quanto per portare a termine una battaglia di partito. Non è credibile, la Cgil, perché ha portato in piazza i suoi iscritti in proteste ad orologeria, quando la sinistra le chiedeva di mettere in crisi chi sedeva a Palazzo Chigi, di creare malcontento, di . Ogni pretesto era buono e il Pd ringraziava. La Cgil è arrivata persino a proclamare uno sciopero perché, a suo dire, il governo Berlusconi stava «imponendo più tasse alle famiglie italiane», roba che – alla luce di quanto accaduto negli ultimi anni – sembra davvero una barzelletta. Per non parlare poi della mobilitazione contro la Gelmini perché la riforma avrebbe cancellato la scuola pubblica, cancellato il tempo pieno alle elementari, disintegrato la professionalità dei docenti. Oggi la Cgil dovrebbe spiegare se la scuola pubblica è stata cancellata, se il tempo pieno è scomparso e se la professionalità dei docenti è stata azzerata dalla riforma Gelmini. E questi sono solo alcuni esempi, la lista delle proteste demagogiche della Cgil è lunga. Dunque, con la Camusso proprio no, non si può stare. Proprio per questo, alla fine dello spettacolo, Renzi e Susanna hanno avuto la loro visibilità. E hanno regalato ai manifestanti qualche ora di illusione.

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