Marino toglie lavoro agli archeologi italiani: negli Usa reperti di Roma

27 Nov 2014 17:18 - di Antonella Ambrosioni

Un altro autogol per il lavoro italiano segnato dal sindaco di Roma Ignazio Marino che si guadagna uno “zero” in Beni culturali, mandando a far catalogare nelle università Usa un ingente numero di 100.000 reperti archeologici che per anni sostavano nei magazzini dei Musei Capitolini. Si attendeva che prima o poi questo materiale divenisse manna per i nostri restauratori  ed archeologi – l’Italia ha scuole di eccellenza riconosciute in tutto il mondo – sperando in un settore potenzialmente disponibile per creare posti di lavoro per i nostri laureati precari, per i nostri atenei. Invece l’opportunità di lavoro Marino la offre su un piatto d’argento ai ricercatori americani. Confederazione italiane archeologi e varie associazioni di settore si sono date congegno in in sit-in in Campidoglio da dove verrà programmata la manifestazione nazionale del 29 prossimo a Roma.

Umiliata la professionalità degli italiani

Tutto nasce dal Progetto “The Hidden Treasure of Rome” di Roma Capitale, annunciato con grande enfasi dal sindaco di Roma e sostenuto dall’Ambasciata d’Italia a Washington in occasione dell’Anno della Cultura Italiana negli Stati Uniti. Peccato però che in questa operazione di facciata  all’Italia non venga nulla perché il tutto si  inserisce nelle politiche di disinvestimento sui beni culturali e di delocalizzazione delle competenze, messe in atto negli ultimi anni dalle istituzioni tutte. Proprio mentre tanto si dibatte sull’opportunità ormai non più procrastinabile di investire sulla nostra prima fonte di ricchezza foriera di nuovo lavoro e di rilancio.  Negli ultimi anni stiamo assistendo invece ad un continuo attacco nei confronti dei lavoratori dei beni culturali e delle loro prerogative. In piazza, dunque, per protestare contro questa visione miope, che usa la cultura solamente per motivi propagandistici.

Le Università italiane hanno le stesse qualità di quelle Usa

L’iniziativa di Marino – affermano le associazioni di settore – rappresenta la resa totale delle istituzioni, che non solo alzano bandiera bianca ammettendo di non saper provvedere ai nostri beni, ma liquidano per sempre intere generazioni di professionisti. Con la scusa delle operazioni a costo zero si stanno svendendo e umiliando tanti giovani studiosi. Anche nei nostri Atenei ci sono catalogatori pronti a mettere in campo la loro professionalità. L’Università Roma Tre ha una corso specifico di Archeologia e conservazione del patrimonio che attira studenti da tutta Italia. Risibili i pretesti di Marino: «Un lavoro che se Roma dovesse fare da sola, con le proprie risorse, richiederebbe decenni». Tutti sanno che da decenni questo patrimonio attende un lavoro di catalogazione, bastava iniziare tanto tempo fa. Insomma, pur non svalutandoo ogni iniziativa che favorisca la ricerca e  la conoscenza del nostro patrimonio, avvilisce constatare che siano sempre gli italiani a farne le spese.

 

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