Sbarchi a raffica e Lampedusa protesta: «Vogliamo vivere di turismo, no di clandestini»

4 Ott 2014 13:38 - di Redazione

Non c’è tregua per i nostri porti: non c’è notte che conosca sosta per le prefetture, il personale delle forze dell’ordine, per i medici che provvedono alle operazioni di soccorso e di accoglienza, per le ambulanze perennemente in servizio. Già prima dell’alba sono sbarcati a Pozzallo 500 migranti. Prima sono approdate le tre motovedette che hanno soccorso a 130 miglia a sud di Siracusa un peschereccio con a bordo 240 persone tra siriani e palestinesi. Successivamente è arrivata una nave della Marina militare con a bordo altri 260 migranti. E ancora: appena poco dopo ha attraccato nel porto di Vibo Valentia Marina una nave della Capitaneria con a bordo 807 migranti di varie nazionalità, soccorsi in mare nei giorni scorsi. Tra loro, cinque persone – due tunisini, due senegalesi ed un cittadino del Gambia – sono state individuate e fermate dagli agenti della Squadra mobile della città, perché ritenute gli scafisti dei gruppi di migranti soccorsi dalla nave Dattilo della Capitaneria di Porto giunta alla banchina d’ancoraggio.

Un flusso continuo. Ininterrotto. Un lavoro incessante e uno sforzo, ogni giorno più insostenibili. Un bollettino di guerra che aggiorna di ora in ora i termini di quella che è ormai da tempo una vera e propria invasione. E allora, tanto per rimanere alle ultime stime, è previsto per le prossime ore l’arrivo nel porto di Reggio Calabria della nave San Giusto della Marina militare, con a bordo 1789 migranti, tra i quali 209 donne e 189 minori. Da venerdì, tanto per dare una volta di più la misura degli interventi, è stata attivata la sala operativa della prefettura per il coordinamento delle operazioni di primo soccorso e accoglienza al momento dell’attracco, cui partecipano i rappresentanti del Comune, della Provincia, delle forze di polizia, della Capitaneria di porto, dei Vigili del fuoco, della Direzione Marittima della Calabria e della Basilicata, del Suem, della Protezione provinciale e comunale, dell’Azienda sanitaria provinciale, dell’Azienda ospedaliera, dell’Ufficio sanità marittima aerea e di frontiera delle associazioni di volontariato e della Croce rossa. Una serie di energie e di risorse messe in campo non più sostenibili, e di cui soprattutto gli abitanti delle città interessate dagli sbarchi, e impegnate con i centri di accoglienza, sono insostenibilmente stanchi. Lo dimostrano – se ce ne fosse ancora bisogno – le polemiche e le contestazioni di venerdì a Lampedusa durante le manifestazioni dedicate al primo anniversario della strage di migranti in mare – bollate come una «inutile passerella» – e indirizzate contro la presenza sull’isola del presidente del parlamento europeo Martin Schulz, della presidente della Camera Laura Boldrini e del ministro degli Esteri Federica Mogherini. Polemiche che non accennano ad attenuarsi neppure nel day after, trasformate in un sit in nella piazza principale del paese, nonostante la pioggia incessante. Una protesta contro l’amministrazione comunale, guidata dal sindaco Giusi Nicolini, e la decisione al vaglio di riaprire il Centro di prima accoglienza per i migranti. Sui cartelli esposti in piazza slogan come «Vogliamo vivere di turismo, no clandestini», «Centro uguale a terrorismo, morti in mare, malattie, mafia», e ancora, «Non siamo italiani di serie B», esprimono solo parte della preoccupazione e del malcontento.

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