Per un naufragio in Corea c’è la pena di morte. In Italia Schettino in cattedra

27 Ott 2014 16:49 - di Redazione

Tutti ricordiamo ancora la tragedia del traghetto Sewol. Affondò il mattino del 16 aprile 2014 e provocò la morte di trecento ragazzi, in gran parte liceali in gita scolastica. Oggi la pena di morte è stata chiesta dall’accusa al processo in Corea del Sud contro il comandante del traghetto, il capitano Lee Joon-Seok, imputato davanti al Tribunale di Gwangiu per “omicidio per negligenza aggravata“. Nel corso del processo ha detto di “meritare” la pena capitale, ma ha respinto l’accusa di aver sacrificato i passeggeri per salvarsi la vita.

Dopo il naufragio la lezione all’università

La prima causa della disgrazia è stata la pericolosità della zona di mare. La seconda il comportamento certamente incauto del comandante che ha ceduto il timone al terzo ufficiale, una ragazza di 26 anni con pochissima esperienza. Come nel caso di Schettino della Costa Concordia, dopo avere aspettato oltre 40 minuti prima di capire che la nave era perduta. Ha pensato solo a se stesso, dimenticando i propri doveri. Nel suo paese però la riprovazione è stata talmente forte che non sarebbe potuto accadere quanto avvenuto da noi con la beffa di una lezione universitaria sulla gestione del panico affidata al capitano Schettino, né tantomeno al capitano coreano sarebbe potuto accadere di essere conteso in patria come guest star in party esclusivi.

Il suicidio del vicepreside

Opposto, dopo la tragedia del traghetto, il comportamento del cinquantaduenne Kang Min-kyu, vicepreside del liceo Danwon frequentato dalla maggior parte delle vittime, che era sul traghetto e che si salvò, fu poi trovato morto, impiccato ad un albero. Un foglio rinvenuto tra i suoi oggetti personali diceva che aveva personalmente organizzato la gita. “Sopravvivere da solo è troppo doloroso quando ci sono più di 200 dispersi. Mi assumo tutta la responsabilità.” La nota terminava con la richiesta che il suo corpo venisse cremato e che le ceneri fossero sparse nel luogo dell’incidente. “Che io possa essere un maestro in cielo per quei bambini i cui corpi non sono stati trovati.”

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *