Santoro ha perso il tocco magico. E Dandini e Vauro non bucano più

27 Set 2014 10:54 - di Romana Fabiani

Tempi lontanissimi quelli in cui l’apparizione di Sabina Guzzanti sul piccolo schermo faceva schizzare l’indice di ascolto e le vignette di Vauro alimentavano la sete antiberlusconiana dei compagni doc. Il format nazionalpopolare di sinistra, condito di servizi on the road e sermoni forcaioli a senso unico, non seduce più. E lo dimostra l’autentico flop di Servizio Pubblico che non va oltre il milione di telespettatori, pochi fedelissimi che resistono all’evasione musicale di X-Factor su Sky e alle partite di calcio. Michele Santoro, disorientato dalla normalizzazione renziana e in assenza di nemici del calibro del Cavaliere da mettere alla gogna, deve accontentarsi di un risicato 5,78 per cento di share, la metà dell’esordio della passata stagione, e subire lo smacco del tallonamento a distanza di Nicola Porro su Rai2. “La guerra dei trent’anni”, l’approfondimento sullo storico braccio di ferro tra sindacati e governi, piatto forte di Virus, ha bucato più dei reportage di Santoro su Napoli e malavita opacizzati dall’assenza in studio del sindaco Luigi De Magistris che, fresco di condanna in primo grado, ha dato forfait all’ultimo.
Sarà pure che i talk fanno schifo e il pubblico «ha la nausea», come sostiene a ragione il giornalista e produttore televisivo salernitano con una parentesi politica a Bruxelles, ma alcuni vanno meglio del suo, che ha sua volta è più performante di Ballarò passato nelle mani del saccente Massimo Giannini, il rampante vicedirettore di Repubblica che non brilla per telegenia. Il pionere dell’informazione on the road è consapevole del declino di un’epoca, tanto da aver messo le mani avanti con un vibrante messaggio ai suoi follower su Facebook: «Voi sapete che io ho sempre sentito la necessità di battere strade nuove e per questo motivo ho deciso che questa sarà l’ultima stagione di Servizio Pubblico». Beffa delle beffe: il picco di audience di Servizio Pubblico è arrivato con l’apparizione di Alessandro Sallusti che ha incrociato i guantoni con Marco Travaglio. Comunque la si voglia leggere il Michele nazionale ha perso il tocco magico e la sua squadra soffre dell’assenza del nemico intorno al quale costruire crociate militanti e girotondi: l’editto bulgaro del Cavaliere, sul quale il compagno Santoro ha campato di rendita gridando alla censura, è roba da naftalina e il bersaglio Renzi è più difficile da centrare con le armi della vecchia informazione che ha puntellato il ventennio berlusconiano.
Per la cronaca va malissimo anche Giovanni Floris sul la7, che però compensa con la quantità di programmi che conduce. La quantità prende il posto della qualità, per chi si accontenta.

 

 

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