«Il Papa è un obiettivo dell’Isis»: l’ambasciatore iracheno in Vaticano conferma i rischi

13 Set 2014 19:32 - di Redazione

Anche Papa Francesco «è un bersaglio» dell’Isis. A dirlo è stato l’ambasciatore iracheno presso la Santa Sede, Habeeb Al Sadr, ricordando che i terroristi dello “Stato islamico” puntano «sul clamore mediatico». «Basta vedere le immagini raccapriccianti delle decapitazioni veicolate con lo scopo di fare paura, fare parlare, fare scalpore», ha aggiunto. Le parole del diplomatico iracheno, affidate a un’intervista a Il Messaggero.it, giungono come una conferma delle indiscrezioni circolate questa estate da parte di fonti israeliane e come un chiarimento di quanto si poteva leggere tra le righe dell’informativa che il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha tenuto alla Camera a inizio settimana. In quell’occasione, il titolare del Viminale ha spiegato che i jihadisti dell’Isis considerano Roma «un obiettivo non secondario» e che la richiamano nei loro discorsi «con riferimento al suo valore simbolico di culla della cristianità».

«I nostri analisti, la nostra intelligence fanno ipotesi in tal senso. Sappiamo bene come ragionano questi terroristi. I loro obiettivi sono riconosciuti. Io non escluderei che l’Isis arrivi a colpirlo», ha chiarito Habeeb Al Sadr a proposito di Bergoglio. L’ambasciatore ha chiarito di aver informato del pericolo i responsabili della Santa Sede (che non ha un proprio servizio di intelligence), precisando che «loro sanno bene quale sia la pericolosità di questi gruppi terroristici». «Il Vaticano appoggia il governo iracheno negli sforzi che sono in atto per fermare l’Isis», ha spiegato ancora a Il Messaggero.it il diplomatico, ammettendo che nell’avanzata dei terroristi ha avuto un ruolo anche la situazione politica interna al suo Paese.

«Purtroppo alcuni gruppi, soprattutto a Mosul, hanno intravisto nell’Isis uno strumento per trarne vantaggio e – ha spiegato – hanno simpatizzato. Pensavano che potesse riportare tanti comandanti sunniti a ricoprire le cariche che avevano in passato, prima della guerra, quando c’era il Baath. Ed è così – ha proseguito Al Sadr – che, per effetto di una certa propaganda, abbiamo assistito a fuoriuscite dalle forze dell’ordine molto gravi». «Circa 30mila poliziotti si sono come volatilizzati al momento di fermare l’Isis a Mosul», ha rivelato l’ambasciatore, assicurando che «il tradimento verrà punito» e che il nuovo governo iracheno è impegnato nel recuperare il controllo del territorio. «Già l’esercito iracheno ha liberato alcuni villaggi nella piana di Ninive», ha rivendicato, aggiungendo buoni auspici per il ritorno a casa dei cristiani di quest’area, per i quali sono stati anche previsti risarcimenti per i danni subiti. «Stiamo anche pensando di realizzare una specie di cintura di sicurezza in quella zona per garantire maggiormente i cristiani. Lo abbiamo fatto sapere alla Santa Sede», ha proseguito il diplomatico, spiegando che per i circa 8mila cristiani che vivevano a Mosul, invece, tutto dipenderà dalla liberazione della città, oggi nelle mani dell’Isis. «Perché l’Isis è così potente?», ha chiesto quindi il cronista. «Perché nessuno ha ancora seccato le sue fonti finanziarie», è stata la risposta dell’ambasciatore, che invece si è trincerato dietro un «preferisco non dire» alla domanda su chi ci sia dietro i jihadisti «oltre al Qatar».

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