Articolo 18: una sceneggiata la rissa Pd-Cgil, anche i grillini se ne sono accorti
È rissa nel Pd, a colpi di interviste, sulla riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. La Cgil tuona che mobiliterà la piazza ma non è la prima volta che ciò accade con un governo di centrosinistra: si litiga fra compagni o ex compagni ma poi, quando si tratta di andare alle urne, il voto della sinistra si ricompatta sul Pd. Un film già visto in passato con i governi D’Alema e Prodi: questa (apparente) diatriba con il maggiore sindacato rosso appare dunque una sorta di sceneggiata, tanto poi alla fine la sinistra politica e quella sindacale trovano sempre il modo di riconciliarsi. È un po’ quel che sostiene il grillino Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera, che, a margine della visita in un deposito dell’Eavbus ad Agnano (Napoli), ha dichiarato: «Si fa un teatrino televisivo, però poi si mettono i sindacalisti a presiedere le commissioni Lavoro e Attività produttive della Camera che sono del Pd e sono Epifani e Damiani. I sindacati, quelli che hanno difeso e protetto le ingiustizie in questi anni – ha aggiunto – sono quelli che afferiscono a loro, al governo. Sono sindacati che afferiscono ai loro partiti – ha aggiunto – Mi aspetto, in questa fase politica, dopo le europee, in cui stanno venendo meno tutte le promesse di questo governo, che i cittadini approfondiscano e non si leghino a queste dichiarazioni che fanno parte del teatrino della politica, ma
nei fatti governo e sindacati sono vicini e il governo – ha concluso Di Maio – continua a farsi proteggere da alcuni sindacati nelle porcherie che fa».
Nel frattempo, come si è detto, le varie anime del Pd si affrontano sui media. «La politica in questi vent’anni, sinistra compresa, ha la responsabilità di aver precarizzato la vita di milioni di giovani. Il sindacato, quella di essersi voltato dall’altra parte». Si schiera con Renzi il presidente dell’Assemblea Pd Matteo Orfini che, intervistato dal “Corriere della Sera”, alla domanda se sarà in piazza con la Cgil ha replicato: «Guarderò la manifestazione in tv. Trovo curioso – ha aggiunto – convocarla contro una legge che ancora non c’è». Quanto alla riforma, «non è solo questione di abolire o meno l’articolo 18. È che non si possono introdurre il diritto al demansionamento e i controlli a distanza dei lavoratori, senza peraltro disboscare la giungla dei contratti precari». Le critiche alla riforma avanzate da Fassina e Bersani? «Dobbiamo tutti abbassare i toni. L’articolo 18 – ha proseguito Orfini – è già stato modificato durante il governo Monti, ed è stato un errore. Più che scomunicarci a vicenda dobbiamo capire come cambiare questa legge e renderla davvero di sinistra, così da aumentare le tutele invece di restringerle». In aiuto al premier anche il deputato Pd Gianni Cuperlo sul “Sole 24 Ore”: «L’abolizione della reintegra sarebbe un totem? Dietro quella norma molto banalmente c’è un principio. Colpendo quel principio si vuole un mercato del lavoro diverso, col sacrificio di una quota di dignità per un’efficienza priva di riscontro. Non è l’articolo 18 la leva da smuovere, metterlo al centro è il cedimento a un’ideologia che non guarda ai nostri limiti veri: investimenti sul capitale umano, ricerca, un piano per il lavoro alle donne». «L’unica cosa di destra – secondo Paolo Gentiloni, intervistato dal “Sole 24 Ore” – visto che sento accusare il governo e Renzi di seguire una politica di destra, è difendere la situazione esistente, una situazione ingiusta che ha portato l’Italia ad avere il minor numero di occupati tra i grandi Paesi industriali e crea discriminazione tra meno della metà dei lavoratori che hanno alcune tutele e più della metà che non ne hanno». Lo sciopero generale? «Una noia a cui siamo condannati – si lamenta Bruno Manghi, ex sindacalista Cisl ed ex braccio destro di Romano Prodi, intervistato dalla “Stampa” – Del resto, se il sindacato non fa neanche quello… Sono sempre tutti in televisione, ossessionati da cosa dirà la gente».