Un’azienda italiana conquista Las Vegas. Che tristezza: prima esportavamo arte e genio, ora slot-machine
Basta mettere dei soldini e tirare una leva, si vince o si perde (e quasi sempre si perde) senza motivo, senza abilità, in un battito di ciglia. Si chiamano “slot machine”e in questo giochino per amanti del brivido l’azienda Italia stavolta ha vinto: da oggi – vi piaccia o no – possiamo affermare tranquillamente di essere i campioni del mondo del cazzeggio elettronico. La notizia è che l’italianissima GTech, con un accordo da 4,7 miliardi di dollari, ha acquisito l’International Game Technology (Igt), leader globale nel settore dei casinò e del social gaming con sede a Las Vegas, in Nevada. Domanda da un miliardo di dollari: come italiani, dobbiamo festeggiare o farci venire un po’ di magone?
La tristezza nasce dal fatto che lì dove hanno fallito le giacche di Armani, le birre Peroni, i cioccolattini Pernigotti, i fusilli di Garofalo e il Galbanino della Parmalat – marchi doc dell’eccellenza italiana finiti inesorabilmente nelle mani di predatori esteri – ci hanno vendicato le slot machine, le macchinette mangiasoldi che spesso troviamo (purtroppo) dietro i paraventi di bar nei quali bisognerebbe al massimo prendere caffè. È anche vero che fuori casa, in genere, le buschiamo di santa ragione, quando si tratta di sfondare le barriere protezionistiche e le trincee finanziarie dei colossi internazionali sul mercato, ma stavolta la Gtech (ex Lottomatica), specializzata in scommesse di tutti i tipi, il colpaccio lo ha fatto proprio tra i maestri dell’azzardo. E grazie a un patrimonio “italiano” di tecnologia sofisticata, sia chiaro, sofisticatissima, quella che sta dietro ai giochini, roba da esserne orgogliosi, se non fosse per quel sottile confine che separa il divertimento dal rischio di “ludopatia”.
I numeri sono stellari, da non credere, se commisurati ad altre operazioni basate su prodotti reali, manufatti doc, roba di economia reale, non di soldi virtuali a forma di banana e e arance che compaiono su schermi in angoli di sale oscure. Solo per fare un esempio, il fondo Charme di Luca Cordero di Montezemolo ha ceduto quest’anno la storica azienda italiana Poltrona Frau alla statunitense Haworth per circa 240 milioni di euro. Nel caso dell’operazione GTech, si parla di quasi cinque miliardi di dollari. Sì, miliardi. Sì, dollari, avete capito bene.
Qualcuno si meraviglierà di come l’Italia possa avere conquistato la leadership mondiale nel settore dei giochi d’azzardo, nonostante una tradizione non proprio storica e una legislazione restrittitiva sui casinò. In realtà sul fronte delle scommesse, del lotto e di tutto ciò che attiene al mondo dei “grattini” e dei giochi presunti “light”, l’Italia da tempo è particolarmente generosa di permessi, licenze e autorizzazioni. Il mercato è libero, forse troppo, visto che “azzardo-market” legale è il terzo settore in Italia, con un fatturato di quasi 90 miliardi l’anno. Di tutto ciò hanno beneficiato colossi come Lottomatica, che sono cresciuti e hanno allargato negli anni il proprio raggio d’azione anche grazie al trattamento non proprio malevolo ricevuto dai governi italiani negli ultimi anni. Come quel condono che ha consentito ai principali operatori del settore di chiudere il contenzioso con la Corte dei Conti con il pagamento del 25% di una multa da 2,5 miliardi di euro. Un colpaccio, anche quello.