Sul caso Cottarelli centrodestra ironico: «Anziché tagliare gli sprechi hanno tagliato lui»
«Rispetto e stimo Cottarelli: farà quello che crede. Ma non è Cottarelli il punto fondamentale: la spending review la facciamo anche se va via, dicendo con chiarezza che i numeri sono quelli». Così il premier Matteo Renzi alla direzione Pd, dopo le indiscrezioni che riportano l’intenzione del commissario alla Spending Review di dimettersi. Secondo quanto riportato da Repubblica, il premier avrebbe già ponto il successore: «il fedelissimo consigliere economico Gutgeld». Inevitabile l’allarme lanciato dalle opposizioni. «Il piano dei tagli alla spesa pubblica non è partito. In compenso sembra in procinto di partire il commissario Cottarelli», commenta in una nota Giovanni Toti, eurodeputato e consigliere politico di Forza Italia. «Per portare a termine parte delle sue promesse Renzi ha bisogno di trovare circa 17 miliardi e su questo punto si stavano concentrando gli sforzi di Cottarelli. Ma ancora una volta ci troviamo davanti ad un premier». Per Maurizio Gasparri «la bordata di Cottarelli non può essere liquidata con uno scambio di battute o con un tweet. Quello che ha detto è di una gravità assoluta. Ha in pratica certificato che la politica economica del governo è un fallimento». Secondo Fabio Rampelli, «chi tocca la revisione della spesa è destinato alla rottamazione. Cottarelli non è certo un simpaticone, ma ha il pregio del rigore e dell’autonomia. Non abbiamo motivi di dubitare delle sue analisi anche se non condividiamo in toto le ricette. Ma se quello che propone il commissario è impopolare, quello che fa Renzi, ci porta dritti al default. E tra i due, chi dovrebbe dimettersi non è certo il commissario». Sulla base di queste indiscrezioni di stampa, in una lettera inviata al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, Renato Brunetta ha chiesto di avere risposte sulla questione. «Nei tendenziali di finanza pubblica, come indicato dal Def, deliberato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 24 aprile, erano previsti tagli della spesa pubblica, da realizzare con la Spending review, per 4,5 miliardi nel 2014 e 17 miliardi nel 2015. Si prevedevano, inoltre, maggiori entrate per circa lo 0,7 per cento del Pil (quasi 11 miliardi) l’anno, per il triennio di riferimento, da ottenere mediate privatizzazioni. Nessuna di queste condizioni si sta realizzando, mentre il debito pubblico cresce ben oltre il previsto». Da qui la richiesta a Napolitano, «per correggere una rotta, altrimenti estremamente pericolosa per le sorti del nostro Paese».