Froda il fisco per 60 anni, 110 milioni in titoli e azioni sequestrati a Torino ad un imprenditore ultraottantenne
E’ vero. In Italia c’è chi riesce a fregare il fisco. Ma farlo addirittura per tutta una vita è una vera impresa. Una storia degna di uno di quei film di Ettore Scola o di Mario Monicelli. Una storia da Soliti ignoti o da Tartassati, che dir si voglia, questa che tratta del più autentico estro italiano: la fuga dalle grinfie dell’esattore. Ma ecco i fatti: invece di dichiararli al fisco, ha continuato a trasferire all’estero i suoi fondi, e lo ha fatto per decenni. Milioni su milioni. Prima di lire. Che poi sono ovviamente diventati euro. E di cui ha goduto. Per questo la Guardia di Finanza ha denunciato per evasione fiscale un anziano imprenditore del Torinese, al quale sono stati sequestrati 110 milioni di euro in titoli azionari. Le Fiamme Gialle hanno accertato che l’evasione è cominciata addirittura nei mitici anni Cinquanta, quando l’uomo, oggi anziano e in pensione, avviò le sue prime attività. A stabilire il maxi-sequestro è stato il Tribunale di Torino su richiesta della Procura, al termine di una lunga attività di verifica. La «misura di prevenzione» è volta ad assicurare che l’indagato non goda di beni accumulati mediante attività illecite. Il passo successivo, se verranno confermate le accuse, potrebbe essere la confisca. Secondo la ricostruzione degli investigatori, coordinati dai pm Alberto Perduca e Roberto Furlan, l’anziano imprenditore, che risiede nella zona di Lanzo a una trentina di chilometri a nord del capoluogo piemontese, avrebbe fatto sparire una grande quantità di capitali trasferendoli a fiduciarie svizzere mediante operazioni societarie illecite e alcuni prestanome. Oltre a tanti piccoli spostamenti avvenuti nel corso dei decenni, all’uomo viene contestata una grande e complessa operazione risalente al 1987. Con un sistema di fusione societaria avrebbe trasferito miliardi di lire a una società elvetica che faceva riferimento a lui. I finanzieri hanno dovuto fare un lavoro molto sofisticato di raccolta e comparazione di carte prima di risalire alla grande quantità di denaro rimasta per anni fuori dall’Italia: documentazione acquisita presso Camere di Commercio, società fiduciarie, istituti di credito, Archivio di Stato, Archivio Notarile e Tribunale. Alla fine, hanno scoperto che l’imprenditore, attivo quasi esclusivamente nel settore delle opere private, aveva disponibilità economiche e patrimoniali ritenute sproporzionate rispetto ai redditi dichiarati. Per gli investigatori e i magistrati, non possono che essere frutto di un’evasione fiscale sistematica. Il patrimonio azionario sequestrato sarebbe derivante dal reinvestimento di somme illecite fatte rientrare in Italia in modo lecito, tramite lo scudo fiscale, prima nel 2003 e poi nel 2009.