Cent’anni fa nasceva “Ginettaccio” Bartali, amatissimo campione di un’Italia “profonda”

18 Lug 2014 14:42 - di Antonella Ambrosioni

“Quel naso triste come una salita, quegli occhi allegri da italiano in gita”. Sono i versi di Paolo Conte che forse meglio descrivono Gino Bartali, nell’omonima canzone del cantautore astigiano. Il campione amatissimo di un’Italia che non c’è più, avrebbe compiuto cent’anni il 18 luglio. Ma in fondo, gli occhi, lo sguardo e il carattere dell’ “intramontabile”, come veniva chiamato, hanno incarnato fin da giovane quell’anima antica dell’Italia che già  Curzio Malaparte riconosceva come l’imprinting di un’Italia profonda. «Istintivo e brontolone,  Bartali è parte di un’Italia rurale, antica e in estinzione». Curzio Malaparte scrisse nel 1947 una serie di articoli   su Coppi e Bartali, le «due facce dell’Italia» per il giornale Sport Digest, poi raccolti in un libro (ripubblicato in Italia da Adelphi) «Bartali è il campione di un mondo già scomparso, il sopravvissuto di una civiltà che la guerra ha ucciso: egli rappresenta quel romanticismo inquieto e inquietante che ha raggiunto l’apice fra le due guerre e perpetua nel mondo moderno lo spirito eroico della vecchia Europa. Coppi […] rappresenta lo spirito razionale, scientifico», scriveva l’autore de La pelle, amico di Ginpo Bartali Per “Ginettaccio”, schietto e burbero, parla chiaro il suo palmares: vent’anni sulle due ruote, 3 Giri d’Italia (1936, 1937, 1946), 2 Tour de France (1938, 1948) e 4 Milano-Sanremo (1939, 1940, 1947, 1950). E poi la storia, quella umana, durante e dopo la seconda guerra mondiale. Due volte vicino alla fucilazione, 800 cittadini ebrei salvati e una vittoria, quella del Tour del 1948 che, per molti, contribuì ad allentare il clima di tensione in Italia creatosi dopo l’attentato a Palmiro Togliatti. Su questo episodio fioccano le leggende, come la telefonata di Alcide De Gasperi e Giulio Andreotti: «La situazione è delicata, devi vincere». «Ci proverò» rispose lui, e ci riuscì.

Fu il protagonista indiscusso del ciclismo italiano e non solo. Poi arrivò un ragazzo di Alessandria come suo gregario, si chiamava Fausto Coppi. Due personaggi diversi, sui pedali e nel carattere. Due mondi. Cattolico e marito fedele il toscano, laico e amante della Dama bianca Coppi.  Avversari ma mai nemici. Storica la fotografia durante la tappa del 4 luglio 1952 al Tour de France, tra Losanna e Alpe d’ Huez. I due sono vicini, una borraccia passa di mano. Entrambi dichiaravano di essere stati i benefattori. Alla fine con la maglia gialla a Parigi ci arrivò Coppi, ma Bartali fino all’ultimo giorno di vita, il 5 maggio 2000, continuò a dire che fu lui a dissetare il rivale, aggiungendo che «altrimenti non arrivava al traguardo». Era così Gino, senza peli sulla lingua, aveva «il sangue nelle vene» scrisse Curzio Malaparte, «mentre in quelle di Fausto c’è benzina».

Il dualismo Bartali-Coppi ha segnato un’epoca, emblema di due Italie, due stili, due caratteri che i cultori degli antagonismi a tutti i costi hanno sempre esasperato, il Buono e il Cattivo, il cattolico e il laico, Camillo e Peppone, il democristiano e il liberal, il popolare e l’elitario. In realtà Bartali e Coppi hanno incarnato due modi complementari di essere italiani e non per forza antagonisti. «Questi due atleti perfetti, fra i più grandi che esistano, sono tanto diversi fra loro quanto possono esserlo due diverse rappresentazioni del mondo, due modi diversi di concepire l’universo e l’esistenza», scrisse ancora Malaparte. «Il duello fra questi due rivali, fra questi due nemici fraterni, è il più bello, il più puro, il più nobile al quale sarà mai dato di assistere. Lo sport internazionale forse non vedrà mai più, l’uno di fronte all’altro, due campioni che incarnino a tal punto i due aspetti essenziali del mondo moderno». Un ritratto magistrale. Sudore e gioia, fatica e soddisfazioni, grandi vittorie e cocenti sconfitte: salite e discese non hanno caratterizzato solo le gare di Gino Bartali, ma la sua stessa vita e Rai Uno ripropone per l’occasione la miniserie del 2006 dedicata al campione di ciclismo che ha emozionato milioni di italiani in un periodo cruciale della nostra storia.

 

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