Negati i rimborsi a un colonnello malato per l’uranio impoverito: Vendola sotto accusa
C’è una sentenza della magistratura, ma la Asl di Brindisi continua a non rimborsare le spese mediche sostenute da un colonnello dell’Esercito italiano, che si è ammalato a causa dell’uranio impoverito, dopo essere stato in missione in Bosnia nel 1996, e che è dovuto volare ripetutamente nel Regno Unito per curarsi.
A denunciarlo sono i consiglieri regionali pugliesi del Pdl-FI, Saverio Congedo e Antonio Scianaro, che sollecitano l’attenzione del presidente della Regione, Nichi Vendola. «Diritti negati, viaggi oltre confine per curarsi da una terribile malattia e una sanità locale nemica che non dà sostegno anche in presenza di un ordine del giudice», hanno ricordato i due, sottolineando che si tratta di «una storia triste, che si è verificata a Brindisi e su cui è giusto far luce per restituire un clima di giustizia al più presto a chi l’ha vissuta». I due politici hanno ripercorso brevemente anche le tappe della vicenda umana e professionale del colonnello, ricordando che nella zona in cui operava, nel 1996, ci fu «un massiccio bombardamento Nato con bombe e proiettili arricchiti con uranio impoverito, che hanno provocato una grave malattia nel militare, costretto a curarsi nel Regno Unito nell’unico centro europeo deputato alla cura dell’intossicazione di metalli pesanti». Una volta scoperta la malattia l’ufficiale, che negli anni ha dovuto combattere una lunga battaglia burocratica per vedere riconosciuti i danni subiti, chiese all’Asl di Brindisi l’autorizzazione a curarsi presso il centro inglese, con il conseguente carico dell’80% delle spese all’azienda sanitaria. Le cure necessarie alla guarigione, come stabilito dai medici britannici, dovevano avvenire ogni tre mesi e così il militare chiese alla Asl l’autorizzazione. Ma, come riportato dai due consiglieri regionali, dopo un paio di viaggi, l’azienda sanitaria si è rifiutata di pagare ritenendo che le terapie fossero troppo ravvicinate nel tempo. Il colonnello, però, non poteva sottrarsi alle cure e ha dovuto pagarle di tasca propria, fino a quando non ha chiesto il rimborso alla Asl, che lo ha negato, costringendolo, hanno rimarcato Congedo e Scianaro, a rivolgersi alla magistratura che ha ordinato il rimborso, mai avvenuto. A dicembre 2013 Nichi Vendola rivendicava con orgoglio i conti in attivo della sanità pugliese. Nello spazio di un mese, a gennaio di quest’anno, però, la graduatoria del ministero della Salute per il 2012 ha fatto capire chiaramente che i conti a posto non significano necessariamente sanità che funziona: la Puglia è stata posta in fondo alla classifica degli indicatori Lea, i livelli essenziali di assistenza, insieme a Calabria e Campania. E il caso del colonnello dimostra ancora di più che la sola attenzione ai costi, in nome magari di una razionalizzazione di cui farsi vanto, rischia di negare non solo i livelli essenziali di assistenza, ma anche i diritti ribaditi da una sentenza di tribunale.