I sindaci di sinistra tutti in prima fila ai Gay pride. Sorrisi e “promesse di matrimonio”

28 Giu 2014 19:51 - di Anna Clemente

Dev’essere quell’espressione “sindaco d’Italia” usata per indicare un eventuale presidente del Consiglio eletto direttamente dal popolo. Forse va rintracciata lì la confusione che regna sovrana fra i primi cittadini, che in fatto di unioni gay si arrogano un diritto che non hanno: riconoscerle come matrimoni,

con trascrizioni nei registri anagrafici. Il tema è stato ripreso e rilanciato da diversi amministratori in occasione dell’Europride, la giornata dell’orgoglio gay che in Italia ha visto cortei in una decina di città e che ha ottenuto un doppio sostegno a sorpresa: quello di Francesca Pascale e Vittorio Feltri che, stando a quanto riportato dall’Ansa, sulla base di  una nota della segreteria di redazione de Il Giornale, hanno annunciato la loro iscrizione all’arcigay, «poiché ne condividono le battaglie in favore dell’estensione massima dei diritti civili e della libertà».

Scontata, invece, la partecipazione dei sindaci del centrosinistra ai cortei di molte città. Diversi fra loro, inoltre, avevano animato la vigilia con quegli annunci sulla prossima “regolarizzazione” municipale dei matrimoni omosessuali. «Siamo convinti che il primo cittadino abbia il diritto e il dovere di far trascrivere presso gli uffici dell’Anagrafe e dello Stato civile i matrimoni che, purtroppo, per ora possono essere celebrati soltanto all’estero», ha detto Luigi De Magistris, in vista della partecipazione al corteo del “Mediteranean Pride of Naples”. A Milano è stato l’assessore comunale alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino, a dirsi «convinto che nonostante il parere degli uffici comunali dell’Anagrafe, formalmente ineccepibile, si debba procedere alla trascrizione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso registrati all’estero». Va da sé che Majorino fosse anche lui in piazza con il Pride milanese. «Ci andrò orgoglioso di quel che abbiamo fatto e convinto che dobbiamo continuare sul cammino dei diritti», ha detto l’assessore, passato alle cronache anche per aver sostenuto che far disegnare ai bambini della scuola la mamma e il papà è discriminatorio verso i figli di coppie omosessuali. Più accorto nell’usare le parole è stato, invece, il sindaco di Torino Piero Fassino, che si è affidato a una formula piuttosto contorta o per dire quello che non voleva dire o per non dire quello che voleva dire. Vai a capire. Ciò che è certo è che, di fatto, anche lui ha invocato il riconoscimento delle unioni gay, con due accortezze: rimandare la questione al Parlamento, il luogo deputato ad affrontarla, e guardarsi bene dal parlare di matrimoni. Fassino ha invocato la rimozione degli «ostacoli all’affettività e all’amore tra persone dello stesso sesso», aggiungendo l’auspicio «che il Parlamento e le istituzioni del nostro Paese compiano rapidamente scelte irreversibili di civiltà e libertà». Che si sia o meno d’accordo con il merito del suo appello, al sindaco di Fassino va dato atto che si è sottratto alla propaganda fatta da alcuni suoi colleghi.

La competenza dei primi cittadini sugli eventuali matrimoni gay, infatti, non solo non sta scritta da nessuna parte, ma è stata esclusa anche dalla giurisprudenza. Per questo, ogni volta che un tribunale cittadino dà il via libera alle trascrizioni, un ricorso lo blocca. Altrettanto controversa dal punto di vista normativo rischia di essere anche l’iniziativa annunciata da Rosario Crocetta, governatore della Sicilia e gay dichiarato. Crocetta si è detto «contrario a qualsiasi forma di matrimonio», ma nel corso del Pride di Palermo ha annunciato che «faremo la legge sulle coppie di fatto dopo la finanziaria». Ora, è vero che la Regione è organo legislativo, ma è altrettanto vero che il Titolo V della Costituzione, che per altri versi crea concorrenza con lo Stato, su questo è chiarissimo: fra le materie su cui lo Stato ha «legislazione esclusiva» ci sono «cittadinanza, stato civile e anagrafi». Non a caso, quando lo scorso anno, sempre nella legge di stabilità, Crocetta inserì alcune norme per favorire le coppie di fatto, intervenne il commissario dello Stato per bloccarle. 

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