Corruzione, Cantone boccia le normative sugli appalti: «Occorrono strumenti più agili e maggiori controlli»

18 Giu 2014 12:23 - di Redazione

Appalti pubblici, concessioni, lotta alla corruzione, certificazioni antimafia. La diagnosi di Raffaele Cantone sui mali che attanagliano il sistema delle opere pubbliche è precisa e non  dà adito a riserve. Nel corso di un’audizione in commissione Ambiente della Camera, il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, ha descritto il quadro  delle storture legislative in cui si insinua il tarlo della corruzione. I clamorosi sviluppi della vicenda Expò e del caso Mose ne sono lo specchio più evidente. La punta di iceberg di un sistema che fa acqua da tutte le parti. La legislazione troppo dettagliata sugli appalti pubblici è fallita, ha detto Cantone. La verità è che le capacità tecniche che ci sono dietro questo complesso reticolo normativo rappresentano uno strumento molto utile soltanto per i grandi gruppi. Occorrerebbe un meccanismo più agile. Come pure, se nel contratto d’appalto ci fosse scritto che chi paga le tangenti perde l’appalto,  si risolverebbero molti problemi.  Certo, avverte il magistrato, fermare un’opera in presenza di tangenti non è la strada da perseguire. Così vince l’illegalità. Si tratta, invece, di applicare il principio giuridico del non potere ottenere il profitto del proprio reato. In attesa di recepire le nuove normative europee in materia di appalti pubblici e concessioni, Cantone ha detto che una strada da seguire è quella della “soluzione innovativa” proposta dal governo, per la quale si dovrà verificare l’applicabilità. Tale soluzione prevede una sorta di commissariamento che riguarda non l’azienda ma il singolo appalto per creare un amministratore ad hoc. “Utilizzeremo lo strumento del commissariamento: ma cosa accadrà se le banche chiudono i finanziamenti ? Bisogna stare attenti”, ha aggiunto Cantone, spiegando  che si dovrà “creare un commissariamento che non incide sul proseguimento dei lavori”. Nel decreto del governo sull’anticorruzione è presente il divieto di transazioni dello Stato con società controllate da paradisi fiscali. “Se questa norma resta, è un segnale di trasparenza vero”, ha commentato il presidente dell’Autorità anticorruzione. C’è un problema di trasparenza: non bisogna provare ad aggirare le norme sulla trasparenza. Con l’esternalizzazione di fatto si è verificato un abbassamento della stessa trasparenza, ha osservato. Quanto alla certificazione antimafia Cantone ne ha denunciato la eccessiva burocratizzazione. Meglio sostituirla, allora, con una white list, ossia con uno strumento di controllo maggiore e più efficace. Cantone si è detto, infine, favorevole al ritorno della norma sul falso in bilancio mentre per quanto riguarda l’autoriciclaggio , “che non è una norma salvifica”, sarebbe opportuna una legge ad hoc e non il suo inserimento in un decreto omnicomprensivo.

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