Forza Cultura, Berlusconi riscopre il valore del Progetto

7 Mag 2014 13:22 - di Silvano Moffa

“Vogliamo un rilancio che sia incubatrice di nuove idee. Bisogna tornare, insomma, a essere originali, inventivi, lucidi e liberi come ai tempi di Marinetti”. Il nuovo vate del “credo” berlusconiano, Edoardo Sylos Labini, attore e regista teatrale di indubbio successo, non mostra tentennamenti. La sua è una sfida aperta al dogma che fa del binomio cultura-sinistra una teca scolpita nel marmo. Da attore e regista ha portato in giro per l’Italia il fortunato spettacolo Gabriele d’Annunzio, tra amori e battaglie . Da inedito uomo politico, chiamato da Berlusconi a guidare il dipartimento culturale di Forza Italia, mette insieme il pensiero liberale di Benedetto Croce, la genialità dello scrittore-poeta abruzzese, la spietata e ironica lucidità di Leo Longanesi: un misto di pulsioni, sentimenti, passioni, paradigmi ideali, speculazioni filosofiche e intellettuali non sempre collimanti e, pure, utilmente richiamati a riannodare le radici profonde di una pianta assopita: quella della Cultura, appunto. E’ presto per dire se la pianta avrà nuova linfa; se il germoglio attecchirà nella terra resa sterile dalla politica-politicante; se l’entusiasmo iconoclasta che anima il giovane attore produrrà gli effetti desiderati. Se, finalmente e una volta per tutte, quel dogma fallace che vuole la cultura essere solo patrimonio della sinistra sarà spazzato via e mandato al macero, come le tante idiozie che ci ha consegnato il pensiero unico e uniformante, che ha imperversato dalla seconda metà del secolo scorso ai giorni nostri. Se riscatteremo finanche il valore lessicale di un termine, Cultura, che per essere davvero libera e aperta, non ha bisogno di aggettivi, né di essere compressa e assoggettata in perimetri artificiosamente costruiti per condizionare le coscienze e indottrinare il prossimo. Se si saprà riconoscere, insomma, superando vetusti steccati e laceranti sentieri di incomunicabilità, senso e valore al confronto, alla contaminazione delle idee, su cui avanzano le nuove sfide del pensiero. Ecco, il Pensiero. Bandito come un orpello ingombrante nell’avanzare della superficialità e della leggerezza, nel diluvio della dissacrazione valoriale, nella micidiale inconcludenza del linguaggio banale, il Pensiero, lungo e profondo, capace di riaccendere gli animi e orientare le coscienze, chiede di tornare a scandire l’incerto futuro. Quanto più disorientamento ci assale e circonda, tanto maggiore dovrebbe essere la spinta a individuare nuovi paradigmi per spiegare e dare un senso alla società che muta, cambia e si trasforma con ritmi mai visti prima. Tanto più in epoca di crisi, di spasmodiche ricerche di vie d’uscita, di inanellanti turbinii che sconvolgono il mondo. Ecco, se c’è un elemento da apprezzare nel dar vita a un dipartimento che si occupi di cultura, è proprio il fatto che un partito come Forza Italia torni ad apprezzarne il valore, l’importanza. Ci verrebbe da dire: meglio tardi che mai. Questo non cancella gli errori e le manchevolezze registrate in passato, quando, stando al governo, una politica culturale il cetrodestra avrebbe potuto non solo promuoverla ma, persino, imporla. Fateci caso, proprio quando è venuto meno l’afflato culturale dei Colletti, dei Baget Bozzo, dei Pera, dei Vertone, per non dire dei Veneziani, degli Accame, dei Malgieri, e di tanti altri intellettuali che si erano ritrovati in quello schieramento politico, nel pieno di una entusiasmante stagione di rinascita nazionale, si è spenta la forza unificante di un progetto comune. Senza un progetto che abbia solide basi culturali, non si va da nessuna parte. Al massimo si annaspa nel vuoto. Speriamo almeno che i segnali che arrivano da Forza Italia  non si spengano con  lo spegnersi della campagna elettorale. La speranza è sempre l’ultima a morire.

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