Renzi infuriato con il Pd che rema contro: spiegatelo al Paese. La maggioranza perde pezzi in aula
Il patto Renzi-Berlusconi sulla nuova legge elettorale ha retto per un soffio alle imboscate dei franchi tiratori. Il premier era consapevole di correre qualche rischio più del dovuto, ma ha deciso di farlo lo stesso: non posso accettare, ha spiegato all’assemblea dei deputati democratici, che il problema sia proprio il Pd nel momento in cui il governo sta preparando provvedimenti decisivi sul fisco e sul lavoro. Chi non voterà l’Italicum, ha aggiunto minacciosamente, lo dovrà spiegare al Paese (tra questi Francesco Boccia, che ha annunciato che non voterà l’Italicum). Gli avversari del premier hanno tentato di frenare la riforma elettorale in tutti i modi, a partire dallo scontro sulle quote rosa, ma non ci sono riusciti. Il tentativo era con ogni evidenza quello di mettere in discussione l’intesa con il Cavaliere e di condizionare la marcia del segretario del Pd, grazie al peso determinante che bersaniani e lettiani hanno nel gruppo della Camera. Uno dei passaggi più insidiosi è stato il voto all’emendamento che introduceva la doppia preferenza di genere (un uomo e una donna), presentato da Gregorio Gitti (Per l’Italia). L’emendamento è stato bocciato con soli venti voti di scarto. In soccorso di Renzi si sono precipitati a votare 14 tra ministri e sottosegretari: lo stesso premier li ha precettati all’ultimo momento, intuendo che i numeri sarebbero stati molto stretti.
Pierluigi Bersani ha parlato apertamente della inopportuna ”movida” renziana, che a suo avviso comporta rischi per il partito, e ha preannunciato la prosecuzione della battaglia al Senato. Le punzecchiature con Rosy Bindi, sua avversaria dichiarata che ha votato per l’emendamento Gitti, e indirettamente con Bersani e Cuperlo, dimostrano tuttavia che il partito è ancora da pacificare. Il ritorno in campo dell’ex segretario ha rivitalizzato la minoranza interna che ha nuovamente il suo generale a cui fare riferimento. Difficilmente comunque il chiarimento potrà avvenire al Senato nella discussione sulla riforma del secondo ramo del Parlamento o sul federalismo, temi sui quali la spaccatura con Forza Italia è sempre in agguato.
Per Renzi la giornata è stata ad alto rischio: la maggioranza regge, ma perde decine di voti, addirittura fino a 90 sulla reintroduzione delle preferenze. Sulla carta, la maggioranza politica composta dagli iscritti ai gruppi Pd (293), Fi (67) e Ncd (29) può contare su 389 deputati. Ma al voto sulle “soglie” e sull’algoritmo, il cuore del provvedimento, alla maggioranza politica sono mancati una cinquantina di voti, considerando i deputati in missione e gli assenti, visto che i sì sono stati 315 ed i no 237. La senatrice del Pd Laura Cantini promette intanto che la parità di genere tornerà in Senato: emenderemo l’Italicum su questo punto ma nessuno – avverte – pensi di stravolgere la riforma.