“Meglio in carcere che a casa con la suocera”. Un detenuto lucchese rievoca Sordi e Loy…

25 Mar 2014 12:11 - di Bianca Conte

Un problema intramontabile e internazionale, evidentemente, quello della diarchia domestica di coniuge e mammina acquisita, che torna a rinnovarsi nei decenni, e ad attecchire anche in altre realtà geografiche e culturali.

Così può accadere, per esempio, che un ventisettenne magrebino, in procinto di essere arrestato dagli agenti, invochi la custodia in un istituto di pena, invece che il fermo ai domiciliari, come disposto dall’ordinanza del gip.

«Piuttosto in carcere che a casa con quelle arpie», vale a dire la moglie e la suocera, avrebbe detto il giovane in procinto di essere arrestato, chiamato suo malgrado a incarnare l’ultima incarnazione dello scottante tema. Residente a Capannori (Lucca), il ragazzo era stato fermato insieme a un connazionale di 26 anni, bloccato a Viareggio: i due, il 31 ottobre scorso, avrebbero rapinato un giovane della Nuova Guinea, dopo averlo tramortito con calci e pugni, alla stazione di Lucca. Dunque non certo il ritratto di una povera vittima, quello che emerge del magrebino in fuga da consorte e suocera: eppure, piuttosto che tornare sotto le grinfie delle due, il malvivente ha chiesto a viva voce soluzioni alternative. E dopo il rifiuto di uno zio ad ospitarlo, si sono aperti per lui i cancelli della locale Casa circondariale “S. Giorgio”.

Una storia che ha del paradossale: e che negli anni abbiamo visto declinata in tanti film di casa nostra. Uno in particolare, quello datato 1957, con Sordi nei panni de Il Marito – diretto a quattro mani da Nanni Loy e Gianni Puccini – insuperabile nel portare al cinema la commedia su una impossibile convivenza di un giovane genero, (l’Albertone nazionale), con sua suocera e sua cognata. La pellicola fu un successo, ma si rise amaro di quella commedia di costume, che si pensava riflettesse soprattutto una realtà domestica prettamente italica. Molti mariti dell’epoca, infatti, si riconobbero in quel giovane imprenditore fresco di matrimonio, nel Bel Paese alle prese con la crescita, ma non ancora forte del boom che sarebbe arrivato di lì a poco, che si ritrova nel giro di breve in ostaggio di moglie, suocera e cognata, dentro la sua stessa casa. Niente più partita la domenica, né uscite con gli amici, abitudini pre-matrimoniali prontamente rimpiazzate con nuovi riti coniugali: strazianti concerti di musica da camera e seratine “d’intimità familiare”.

Certo oggi, il candore e l’ingenuità di quel film, come di molti altri titoli che affrontato la “spinosa” questione, sembrano lontani anni luce: eppure il soggetto resta di scottante e sconcertante attualità. Un soggetto tristemente sdoganato ovunque ormai, ammantato di una insospettabile, patetica, globalizzazione.

 

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