Guidonia, mamma ferisce il figlio a morsi e mattarello: denunciata. In tutto il mondo dilaga la violenza sui minori

6 Mar 2014 18:07 - di Priscilla Del Ninno

Oggi, mentre una madre di Guidonia veniva denunciata dal figlio tredicenne, ferito a morsi e a colpi di mattarello per essersi rifiutato di andare a scuola, nella periferia di Rio de Janeiro, un bambino di otto anni moriva massacrato di botte dal padre, accecato dall’odio per quelragazzino, a suo parere eccessivamente effeminato perché amava lavare i piatti e non voleva tagliarsi i capelli.

Segni di ordinaria follia: sintomi, e al tempo stesso drammatica causa, di un male di vivere che ha narcotizzato la mente e armato il pugno di mogli mansuete, di mariti irreprensibili, di madri insospettabili, di padri inoffensivi, tutti “nuovi mostri” in embrione, capaci di trasformarsi da un momento all’altro in belve feroci assetate del loro stesso sangue. Genitori pronti a macchiarsi di colpe imperdonabili, fino al gesto estremo, che finiscono sul banco degli imputati di crimini inaccettabili. Nel mirino dei servizi sociali perché inadempienti – se va bene – o perché chiamati a rispondere di abuso di mezzi di correzione, se va male. All’indice dell’opinione pubblica, abituata a rimodulare, di caso in caso, le frequenze del lecito e dell’ammissibile.

Un’escalation dell’orrore continua, quella riportata di ora in ora dalla cronaca, che è sul punto di anestetizzare i sensi, rendendo sempre più flebili le reazioni di indignazione, sconcerto, rabbia. O, peggio ancora, capace di alimentare nel lettore, nel telespettatore, una curiosità al limite del morboso, quella stessa che induce i media a insistere su notizie macabre e la gente a bearsene.

E non c’è limite all’abominio: basta fare una rapida panoramica sulle prime pagine dei giornali, o improvvisare un veloce zapping col telecomando, per rendersene conto. E allora, solo stando agli ultimi giorni, da una parte all’altra del pianeta è stato un incalzante furoreggiare di notizie atroci. E così, solo per restare nell’ambito dei confini nazionali, basterà ricordare quanto accaduto a metà febbraio in provincia di Caltanissetta, quando una mamma ha tentato di uccidere la propria figlia di 10 mesi gettandola in un pozzo di ispezione della rete fognaria della città: un atto terribile, miracolosamente interrotto dal tempestivo intervento dei carabinieri che hanno fermato la mamma assassina in flagranza di reato.

E che dire di quei due genitori di origine bengalese residenti ad Ancona, condannati solo due giorni fa per aver punito il figlioletto di sei anni incatenandolo al balcone di casa, con tanto di catena e lucchetto? Un gesto folle, che non è degenerato in tragedia solo grazie all’intervento di una vicina che, inorridita dalla scena, ha chiamato il Telefono Azzurro. Per non parlare, infine, delle ormai innumerevoli vittime della “Sindrome di Medea”, un’assurda patologia dell’anima capace di trasformare una madre in un’efferata carnefice dei propri figli: l’ultima, in ordine di tempo, una donna di 43 anni, Daniela Falcone che, per vendicarsi del tradimento del marito, dopo aver ucciso il figlio di undici infierendo sul suo corpo con un paio di forbici, ha tentato – invano – di suicidarsi.

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