Berlusconi a Strasburgo: dopo la doccia fredda dell’Europa strada in salita. Ma Forza Italia non molla

18 Mar 2014 10:42 - di Redazione

Tutt’altro che in discesa la strada della candidatura europea di Berlusconi. La bocciatura della commissaria europea alla Giustizia, Viviane Reding, è una doccia gelata per il Cavaliere e il suo consigliere politico Giovanni Toti, il più attivo nella crociata per consentire all’ex premier di misurarsi con il voto popolare guidando  le liste di Forza Italia. «Non entro in questioni di livello nazionale», ha detto ieri la Reding, «ma la normativa europea è molto chiara su questo». Nessuna deroga, insomma. Proprio Berlusconi si era appellato alla Corte europea quando aveva manifestato l’intenzione di scendere in campo, «sarò felice di essere in campo nelle 5 circoscrizioni che sempre mi hanno dato tra i 600 ed i 700 mila voti ciascuna. Spero di poter avere velocemente una risposta dall’Europa», aveva detto durante un collegamento telefonico riscaldando la platea del raduno azzurro di Montecatini. E la risposta è arrivata tempestiva: nessuna eccezione per l’ex premier,  tanto più che la plenaria di Strasburgo ha approvato una raccomandazione che prescrive l’ineleggibilità al Parlamento europeo e l’impossibilità di prestare servizio nelle istituzioni e negli altri organi dell’Unione non solo ai condannati in via definitiva per reati di criminalità organizzata e riciclaggio, ma anche quelli per corruzione ed altri reati di natura economica e finanziaria. La doccia fredda però non fa rinunciare alla crociata Forza Italia che ne fa una battaglia di civiltà e di democrazia: l’esclusione del Cavaliere alla competizione equivale a truccare il risultato elettorale, «è un broglio preventivo, una sofisticazione alimentare del pane democratico», questo il ragionamento. Le argomentazioni vengono messe nero su bianco dal Mattinale, la nota politica del gruppo parlamentare alla Camera, «le tesi del professor Giovanni Guzzetta sono dirimenti dal punto di vista giuridico: Silvio Berlusconi ha il diritto di candidarsi alle elezioni per il Parlamento europeo del prossimo 25 maggio. Prima che un diritto della persona singola a partecipare come candidato a una competizione, questa possibilità di scegliere è una prerogativa dei cittadini italiani, che nessun alto papavero dal colletto inamidato ha l’autorità di disconoscere. Terreno minato sotto il profilo tecnico-giuridico ma anche politico visto dato il rinnovato protagonismo di Berlusconi sul cammino delle riforme e il successo, anche personale, dell’accordo di ferro con Renzi sull’Italicum. Fino a dover spingersi nel muro contro muro? In attesa dell’ultima parola che spetta alla Cassazione, nel partito le voci sono diverse come dimostra l’intervista a Repubblica di Paolo Romani, capogruppo al Senato, che prende le distanze dalla raccolta di firme a sostegno della grazia («è un’iniziativa personale di Daniela Santanchè) e sposta i riflettori sulla possibilità che il processo di pacificazione nazionale già in atto possa stemperare le bandiere ideologiche dell’antiberlusconismo e produrre un provvedimento di clemenza che consenta a Berlusconi di recuperare l’agibilità politica che merita. La speranza è quella di coinvolgere tutti i partiti nella battaglia di civiltà. Ma i margini di manovra sono piuttosto stretti. «Senza la necessità di aspettare l’interdizione, oggi Berlusconi vive una condizione di incandidabilità, condizione diversa dall’ineleggibilità che gli era stata attribuita prima delle elezioni politiche», taglia corto Dario Stefàno (Sel), presidente della Giunta delle elezioni.

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