Goldrake robot renziano? In realtà era stato arruolato tra i “fascisti immaginari”
Lui l’ha citato così, con leggerezza, e ai più è parso una nota di colore. Matteo Renzi aveva tre anni quando Goldrake fece la sua prima comparsa sulle tv italiane e certo quel personaggio deve essergli rimasto in mente come un imprinting. Anche la stampa, che pure ha rilanciato con enfasi quel riferimento, l’ha preso tutto sommato come un dato generazionale. Anche simpatico a suo modo: «Chiamate Goldrake, più di così non potevo arrivare», ha detto a Porta a Porta il segretario del Pd per respingere le critiche sulle sue scelte. Il paragone, però, non ha fatto sorridere tutti. «Goldrake, ormai, è un patrimonio di tutti e non va mischiato con la politica», ha detto in un’intervista a La Stampa Romano Malaspina, il doppiattore del robot giapponese, che spiega di essere «di famiglia aristocratica. La mia è, anche per tradizione, una cultura di destra». E lo stesso Goldrake, benché «ormai» patrimonio collettivo, è stato a lungo patrimonio dell’immaginario di destra. È stato anzi, per dirla tutta, uno dei Fascisti immaginari citati da Luciano Lanna e Filippo Rossi nel loro libro. All’eroe della Toei Doga Animation, che approdò in Italia nel 1978 come Atlas Ufo Robot, sono dedicate quasi sette pagine che si aprono così: «Alla domanda su quale potesse essere una possibile colonna sonora della destra degli anni Duemila, un esperto di musica come Gegè Telesforo – intervistato da Sette nel 2001 – non ha avuto problemi a fornire una risposta sopra le righe: “Ufo Robot”». Più avanti si legge di come «quel cartone animato, come tanti altri targati Sol Levante, resero popolare in Italia la cultura tradizionale nipponica» e come questo avvenisse «a otto anni dal suicidio rituale dello scrittore Yukio Mishima». Goldrake, insomma, nonostante il suo mondo di macchine, era espressione di una cultura tradizionale e poteva essere facilmente accostato al pantheon ideale della destra. Se ne accorsero prima di tutto a sinistra. Ancora Lanna e Rossi citano un articolo di Repubblica del gennaio 1979, firmato dall’allora deputato del Pci Silverio Corvisieri. «Questa propaganda straordinariamente efficace di tutte le vecchie idee del vecchio mondo quali segni lascerà? In quale modo un genitore può fronteggiare con i poveri mezzi delle sue parole la furia di Goldrake?», scrisse Corvisieri, che fu solo il primo di una lunga serie di censori, a cui risposero anche voci di destra. «In realtà non è la violenza a essere paventata, bensì una visione del mondo differente da quella piccoloborghese basata sull’agnosticismo e sul relativismo etico cari all’Occidente», scrisse lo storico Franco Cardini. Una lettura sostenuta anche da Linea, il giornale diretto da Pino Rauti, in cui si ipotizzava che i «genitori anti-Goldrake hanno solo paura di una generazione che potrebbe un domani avere voglia di opporre ai miti borghesi un superomismo eroico e di riproporre come ideale al figura del guerriero in lotta contro il male, dopo decenni di pacifismo alla Pannella». L’articolo era del 1980. Oltre trent’anni dopo, il fatto che Renzi abbia citato Goldrake rende evidente che i timori dei “genitori democratici”, ai quali si appellava Corvisieri e che erano denunciati da Linea, non avevano ragione d’essere. E rende evidente anche quello che in molti dicono di fronte al “fenomeno Renzi”, che, in fondo, davvero non ha più senso schematizzare su “cos’è di destra e cos’è di sinistra”.