Caselle, catturato il killer: è il convivente dell’ex-badante, un pregiudicato torinese di 56 anni
E’ il convivente dell’ex-badante della famiglia Allione, un pregiudicato torinese di 66 anni, Giorgio Palmieri, il killer che ha compiuto la mattanza, per motivi economici – un debito di 500 euro – nella villetta di Caselle uccidendo a coltellate Claudio Aglione, la moglie Maria Angela Greggio e la suocera Emilia Dell’Orto. All’origine della strage, compiuta con un oggetto simile a un tagliacarte che Palmieri si è procurato poco prima di entrare in casa degli Allione, nel percorso, sostengono i carabinieri, «fra il cancello e la porta di ingresso della villetta», un debito di denaro che l’omicida aveva contratto con le vittime.
E’ stata questa la scusa con la quale Palmieri si è presentato a casa degli Allione, sostenendo di voler spiegare il motivo per il quale non aveva ancora restituito quel prestito di 500 euro avuto dal capofamiglia.
Deciso ad appropriarsi di altre somme di denaro, nella serata di domenica Palmieri, senza dire nulla alla convivente, così sostiene, si è presentato a casa degli Allione. Hanno parlato in cucina del debito contratto. Claudio Allione e la moglie gli hanno offerto un caffè, poi il killer ha chiesto loro di potersi recare in bagno dove si è trattenuto per un po’ e dove si è procurato il guanto di lattice trovato poi, assieme alla tazzina di caffè, ad un cucchiaino e ad una zuccheriera, in un fossato, gettato lì dall’omicida.
Una volta uscito dal bagno, erano circa le 19.30, è stato apostrofato da Claudio Allione con la frase «ma quanto sei stato in bagno!», frase che avrebbe scatenato, secondo l’assassino, la sua reazione.
Palmieri ha colpito ripetutamente con il tagliacarte il capofamiglia che ha cercato di difendersi e, poi si è rivolto verso Mariangela Greggio che era intervenuta in difesa del marito, uccidendoli entrambi. Sceso al primo piano ha incontrato l’anziana che si era accorta della sua presenza e che gli aveva chiesto cosa stesse facendo lì. Poi, dopo averla accoltellata, ha coperto il cadavere con un telo, «quasi un gesto di rispetto, di piétas», dicono i carabinieri, verso “la nonnina”, come l’ha definita nel corso dell’interrogatorio l’omicida. Ha poi rubato 100 euro ed ha portato via la tazzina nella quale aveva bevuto il caffè con le sue vittime, un cucchiaino, la zuccheriera e il guanto di lattice gettandoli via, mentre si allontanava dalla villetta della strage, in un fossato dove sono stati trovati dal figlio delle vittime che poi ha portato lì i carabinieri. Si è quindi disfatto del tagliacarte, si è cambiato d’abito e ha girovagato a lungo per Torino trovando poi alloggio presso un conoscente che sarebbe ignaro di tutto.
E’ lì che è stato catturato dai carabinieri che lo pedinavano e ne seguivano le mosse anche attraverso le intercettazioni e il controllo delle celle telefoniche.
Portato, intorno alle 10 di sera nella caserma dei carabinieri di via Valfrè a Torino, è stato a lungo interrogato fino a quando, alle prime luci dell’alba, «dopo qualche ora di meditazione» sottolineano gli investigatori, ha confessato il delitto. Erano quasi le sette del mattino quando è scattato il fermo con la pesante accusa di omicidio volontario aggravato da motivi futili e abietti.
Palmieri era conosciuto dagli Allione sia perché era, da 18 anni, il convivente dell’ex-badante della famiglia, Dorotea De Pippo dalla quale l’omicida ha avuto una figlia, studentessa diciottenne – «lei stessa una vittima di questa vicenda», sottolineano i carabinieri – sia perché aveva svolto piccoli lavori di manutenzione nella villetta, così come faceva quando capitava per mantenersi. Palmieri non aveva un’occupazione stabile, si manteneva con lavoretti saltuarie, con l’aiuto economico della convivente – allontanata, però, dopo 5 anni di servizio, alcuni mesi fa dalla famiglia Allione dopo la sparizione di una collana – e con qualche aiuto economico che arrivava, di tanto in tanto, dal figlio che la donna aveva avuto da una precedente relazione.
A Palmieri, che ha precedenti per sequestro di persona «non a fini estorsivi», precisano i carabinieri, si è arrivati proprio perché tutto portava a pensare che la strage fosse stata compiuta da qualcuno che conosceva bene tanto l’abitazione della famiglia Allione quanto le stesse vittime ed era ben conosciuto nell’entourage familiare.