D’Alema si fa da parte: «Avanti un’altra generazione». E Cuperlo rifiuta il pennacchio di presidente

10 Dic 2013 20:25 - di Redazione

«Non ho il compito di dare direttive a Cuperlo. Ho fatto una battaglia congressuale a suo sostegno perché lo ritenevo il migliore candidato possibile, prendo atto del risultato. Ma non ho intenzione di animare correnti». Così Massimo D’Alema, parlando con l’Ansa, nega di aver inspirato la decisione di Cuperlo di non entrare nella segreteria di Renzi. «Io mi occupo di altre cose – continua il presidente della Fondazione Italianieuropei – e non voglio essere tirato in mezzo ad una dialettica che ha altri protagonisti di un’altra generazione che, come è giusto che sia, sono chiamati a certe responsabilità». Il presidente della Fondazione Italianieuropei smentisce come «calunnie usate come strumento di lotta politica» che egli sia l’«ombra» del candidato alla segreteria sconfitto.

Che il clima dentro il Pd non sia dei migliori lo conferma la notizia che Gianni Cuperlo ha escluso per sé il ruolo di presidente del Pd offertogli  da  Renzi. Nella riunione della sua area, l’ex rivale del sindaco di Firenze ha spiegato di non essere alla ricerca di ruoli a titolo personale mentre ha lasciato al confronto interno la decisione se proporre al neosegretario un nome dell’area per l’incarico di garanzia. Nonostante questo “gran  rifiuto” continua però su Cuperlo il pressing dei suoi affinché egli accetti il prestigioso incarico. Giovedì si terrà una nuova riunione e la discussione sul punto è ancora aperta. Getta comunque acqua sul fuoco delle polemiche interne  il cuperliano Alfredo D’Attorre: «Non c’è nessun Aventino   e vogliamo collaborare con lealtà, sempre nella distinzione dei ruoli e nel rispetto delle idee». L’esponente del Pd  sottolinea che è stata legittima la scelta di non partecipare alla segreteria «che ha anche una caratteristica di staff, mentre diverso è il discorso della presidenza, che è un ruolo di garanzia».  Sembra però che il  rifiuto   di entrare nella segreteria  sia dipeso dal fatto che Renzi aveva già deciso i nomi dei tre cuperliani destinati a entrare nell’organismo dirigente del partito. Da rottamatore a decisionista.

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