Somari a 5 stelle: dopo “Pino Chet” ora c’è anche il “nazisto”
Mentre scriviamo, non riusciamo davvero a trattenere le risate. Gira su Facebook il video di una recente seduta in Senato (per l’esattezza del 22 novembre) che, se fosse in bianco e nero, potrebbe tranquillamente essere tratta da un film con Totò e Peppino De Filippo ( “noios volevam savuar…“). Ne sono protagonisti l’incolpevole senatore di Forza Italia Lucio Malan e l’agguerrita senatrice del M5S Paola Taverna. Il compìto parlamentare di FI si scusa con la collega pentastellata per aver definito “nazista” un ragionamento contenuto in un intervento da questa precedentemente svolto in Aula. Non immagina minimamente, l’ignaro esponente azzurro, che le sue scuse daranno il là, di lì a brevissimo, a uno dei più esiliranti interventi parlamentari della storia repubblicana. La senatrice, nella replica, si dice ancora indignata. Ma non tanto per il fatto che il suo pensiero è stato accostato al regime hitleriano, bensì perché l’aggettivo “nazista” sarebbe , a suo giudizio, un aggettivo sessista; e quindi declinato al femminile perché finisce con la “a”. Non ci credete? Se guardate il video, vi renderete perfettamente conto che è andata proprio così. Ecco cosa dice, rivolta a Malan, la senatrice Taverna : «… Avrebbe dovuto usare un aggettivo quantomeno al maschile. Quando lei si riferisce alla mia persona, e mi guarda e mi chiama nazista, la prendo oggettivamente come una cosa un pochino più personale…». Quindi, per la Taverna, “nazista” è femminile, mentre invece l’inesistente “nazisto” sarebbemaschile (al dunque, secondo la parlamentare grillina , si dovrebbe dire anche “comunista” e “comunisto” , “fascista” e “fascisto” , “psicanalista” e “psicanalisto”…) . L’aspetto ancora più grottesco della scenetta è che nessuno delle vicine e di vicini di banco (pentastellati anch’essi), batte ciglio, nessuno si mette la mano sulla bocca in segno di vergogna, nessuno dice “Oddio!”, nessuno arrossisce, nessuno cerca di dare una gomitata di avvertimento alla pasionaria che parla. Anzi, tutti annuiscono e danno segni di assenso. Ne deduciamo che anche per loro valgono le stesse, strampalate pseudoregole grammaticali.
Grillo, ma chi hai mandato in Parlamento? Non bastava il “Pino Chet” dell’altra senatrice pentastellata Sara Paglini, ora ci ritroviamo anche il “nazisto” di Paola Taverna e dei suoi compagni di banco. La questione comincia a diventare seria. E non c’è più molto da ridere. Perché il solo pensiero che il nostro destino di popolo passi anche per le decisioni prese da un nutrito numero di analfabeti (non solo di ritorno, ma , a questo punto, anche di andata) è cosa che davvero mette i brividi. Basterebbe questo per giustificare lo scioglimento, al più presto, delle Camere. Se mai, come Beppe Grillo è solito delirare, il M5S dovesse prendere un giorno il 51 per cento del consensi e i grillini diventare maggioranza assoluta in Parlamento, è lecito prevedere che, sia la buvette della Camera sia quella del Senato, cambieranno l’offerta cibaria: non più tramezzini, ma balle di fieno o di erba medica. Per tutti i somari che si riverseranno davanti ai banconi durante la pausa pranzo.
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