Foto di feti in un consultorio: la sinistra grida allo scandalo e scopiazza Lidia Ravera
Mentre è ancora vivo il dibattito sulla sepoltura dei bambini mai nati divampato da Firenze a Roma con le dichiarazioni choc dell’assessore Lidia Ravera, un altro episodio rende bene il clima ideologico sempre poco sereno in cui si sviluppano le questioni legate al tema dell’aborto. Una lettrice ha inviato all’Espresso una lettera di denuncia sul materiale “informativo” presente nel consultorio di Jesi (Ancona): «Una bacheca con immagini di feti e un volantino del Centro di Aiuto alla Vita con il racconto di una giovane donna americana distrutta psicologicamente dal suo aborto («vedevo il barattolo riempirsi del mio bambino fatto a pezzi»)». Il caso viene segnalato da Laura Ricciatti, parlamentare di Sel che si associa «senza riserve alla denuncia» della lettrice. «Non è accettabile – osserva in una nota – che un consultorio pubblico accolga delle donne già provate dalla scelta dell’aborto, colpevolizzandole in quel modo. L’interruzione di gravidanza non è mai una scelta facile per una donna, colpirle e colpevolizzarle in un momento di estrema fragilità è intollerabile», ribadisce la parlamentare marchigiana, secondo la quale «la verità è che queste modalità di pressione sottendono la concezione dell’incapacità delle donne di compiere coscientemente le proprie scelte. Rispetto le opinioni di tutti, soprattutto su materie come queste che si prestano a diverse valutazioni e sensibilità etiche – aggiunge – ma questo non può voler dire che i consultori possano diventare terra di contesa tra valori contrapposti».
Concordiamo con la lettrice sul fatto che vadano previsti dei “paletti” alla diffusione di immagini crude e toccanti per non creare turbativa in un luogo e in un momento così delicato. Ma non sembra che siano le foto-choc dei feti il problema che interessa alla parlamentare di Sel, che parla di «pressioni», mette in campo la «colpevolizzazione» delle donne e si augura che i consultori non diventino «terreno di contesa di valori contrapposti». In realtà la sinistra pretenderebbe che i “valori unici” rappresentati fossero solo quelli suggeriti dalla loro cultura materialista, non quelli rappresentati da sensibilità diverse. Nelle parole della Ricciatti invano infatti troveremmo qualcosa che si avvicini alla cultura della vita. Anzi, le sue parole sembrano adombrare, nella sostanza, la stessa “visione” espressa da Lidia Ravera e cioè che «i feti sono grumi di materia» che non possono essere chiamati «bambino o bambina». Quelle foto nel consultorio di Jesi in fondo sono solo una scusa per ribadire ancora una volta imprimatur di impronta laicista che la sinistra vorrebbe prevalente sempre e comunque.