Campidoglio paralizzato, ma Marino ha le sue priorità: arriva la delibera “lampo” per le unioni civili a Roma

7 Nov 2013 15:08 - di Redazione

In un Consiglio comunale bloccato, che lamenta l’assenza di riunioni e decisioni, si annuncia una delibera lampo: quella sull’istituzione del registro delle Unioni civili. «Contiamo di portare la delibera in aula entro fine novembre, o comunque entro l’anno per poter celebrare degnamente l’unione di tutte le coppie gay ed etero, anche nella Sala Rossa in piazza del Campidoglio», ha detto la consigliera capitolina di Sel e attivista per i diritti gay Imma Battaglia, tra i firmatari della delibera, sei in tutto: oltre alla Battaglia, la delibera è stata sottoscritta anche da consiglieri di Pd, Centro democratico, Lista Civica Marino e Movimento 5 Stelle, «con il supporto – ha spiegato Giulia Tempesta del Pd – dell’assessore Alessandra Cattoi». Alla proposta manca solo il parere tecnico e poi, se dovesse ottenere il via libera delle commissioni e dell’aula, sarà istituito un registro unico per tutti i municipi, in cui confluiranno anche i già esistenti registri istituiti da sei mini-sindaci. Nel testo si parla di «matrimoni civili». Per accedervi basterà che uno dei due “coniugi” sia residente a Roma, a quel punto coloro che ne faranno richiesta, oltre a poter celebrare la cerimonia nei locali di rappresentanza del Campidoglio, potranno «beneficiare delle agevolazioni, dei benefici e, in generale, saranno soggetti alle medesime disposizioni previste dagli atti e dalle disposizioni di Roma Capitale, degli assessorati e degli Uffici competenti per i soggetti coniugati».

«C’è già una coppia di amici, Antonio e il suo compagno, in attesa dell’approvazione per poter festeggiare la loro unione in questo posto prestigioso», ha poi rivelato la Battaglia con soddisfazione. In realtà, laddove sono stati già istituiti, i registri delle unioni civili si sono rivelati un flop, un’operazione di facciata a cui, in assenza di una legislazione nazionale, non credono nemmeno  i soggetti che dovrebbero beneficiarne. Nella stessa Capitale i sei registri municipali a giugno di quest’anno avevano raccolta appena 50 iscritti. Va meglio a Bari, dove si è toccata quota 729 iscrizioni, e a Milano, dove si arriva a 650, ma i numeri appaiono comunque risibili se confrontati con la popolazione: oltre 320mila abitanti nel capoluogo pugliese e oltre un milione e 300mila in quello lombardo. Di fallimento totale, poi, si può parlare per Torino con le sue 160 coppie, Firenze a quota 97, Napoli ferma a 20 e Bologna dove si sono registrate meno unioni delle dita di una mano: 4. Ma il caso più clamoroso è quello di Gubbio, che si è attestata come avanguardia istituendo il registro nel 2002, salvo poi chiuderlo nel 2012 dopo per totale disinteresse da parte dei cittadini: in dieci anni si era iscritta una sola coppia.

 

 

 

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