Arafat ucciso col polonio? Oggi la conferenza stampa degli specialisti svizzeri sul mistero del complotto
Dopo le anticipazioni circolate sui media, oggi la parola passa agli specialisti svizzeri dell’università di Losanna che, in conferenza stampa, presenteranno gli esiti delle loro indagini sulla morte di Yasser Arafat. La notizia che il leader dell’Olp sia stato avvelenato con il polonio 210 in poche ore ha fatto il giro del mondo avvalorando la tesi della moglie che sia stato «un omicidio politico». Gli specialisti svizzeri dell’università di Losanna incaricati di analizzare i resti del fondatore dell’Olp morto nel 2004, hanno trovato, infatti, tracce del veleno altamente radioattivo diciotto volte sopra la normalità. E ora a nove anni dalla rapida e misteriosa morte del simbolo della causa palestinese, la vedova Suha Arafat evoca il suo «assassinio politico», mentre dall’Olp si sollecita un’inchiesta per individuare i responsabili. Israele, indiziato numero uno dai palestinesi, si dichiara estraneo e chiama in causa «i collaboratori» di Arafat. Il rapporto «esplosivo», ottenuto dall’emittente panaraba al Jazeera, riferisce che si riscontra un «innaturale alto livello di polonio radioattivo nelle costole e nel bacino» del leader palestinese, il cui cadavere era stato riesumato il 27 novembre 2012 da un mausoleo a Ramallah. C’è «un 83% di probabilità che sia stato avvelenato» e i risultati «supportano moderatamente» la tesi che il polonio abbia provocato la sua morte, come nel caso dell’ex ufficiale russo del Kgb e oppositore del Cremlino Aleksandr Litvinenko, nel 2006. Gli svizzeri, che hanno lavorato insieme con un team russo e francese, ripercorrono le ultime fasi della malattia di Arafat, che nell’ottobre 2004, verso la fine della seconda intifada, è rinchiuso da più di due anni nel suo compound di Ramallah, che le truppe israeliane avevano circondato. È anziano e fragile, ma i rapporti medici dimostrano che «era in buona salute e non in presenza di fattori di rischio particolari», afferma il rapporto svizzero. Il 12 ottobre, Arafat improvvisamente si ammala dopo un pasto. Rapidamente le sue condizioni peggiorano ed il 29 ottobre un aereo del governo francese lo trasferisce all’ospedale militare di Percy. Arafat entra in coma e l’11 novembre muore all’età di 75 anni. Ad infittire il giallo, anche la mancata autopsia da parte dei medici francesi, che avvia le speculazioni sull’accaduto. Nell’agosto 2012 la stessa al Jazeera rilancia un’indagine che ventila l’ipotesi di avvelenamento da polonio, in seguito al ritrovamento del veleno sugli oggetti personali di Arafat (inclusa la celebre kefya e lo spazzolino). La vedova, Suha, fa una denuncia contro ignoti e la magistratura francese apre un’inchiesta per omicidio che porta alla riesumazione della salma. Fino al rapporto svizzero diffuso. Suha Arafat, che ha ricevuto il documento a Parigi, spiega di «sentirsi di nuovo a lutto» e rilancia l’accusa di «omicidio politico». Nabil Shaat, ministro degli Esteri dell’Anp all’epoca della morte di Arafat, afferma che non aveva dubbi sull’avvelenamento del suo leader ed invoca un’inchiesta per stabilire «come e chi lo ha avvelenato», aggiungendo che «è stato ucciso da chi lo voleva morto». Un portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Yigal Palmor, citato dal Guardian, respinge invece le conclusioni del rapporto, rilevando che «non ci sono prove di come è avvenuto l’avvelenamento» e ribadisce l’estraneità del suo paese. Un consigliere dell’ex premier Ariel Sharon, Raanan Gissin, aggiunge: «C’era allora una decisione del governo israeliano di non toccare Arafat in alcun modo. Se qualcuno lo ha avvelenato era certo allora uno dei suoi collaboratori».